1. Giulia, in due parole: chi sei? Dove ti trovi attualmente e in cosa consiste la tua attività?
Sono una quarantenne in viaggio dal 2011, anno in cui sono diventata a tutti gli effetti una nomade digitale precorrendo i tempi. Il termine Nomade Digitale ancora non esisteva. Attualmente mi trovo in Sicilia, per la precisione a Taormina, mio paese natale. Mi occupo di SEO, SEO Copywriting e Travel Design.
Prima della pandemia lavoravo al 90% come Travel Designer, con l’arrivo della pandemia sono tornata al SEO ed al SEO copywriting in attesa che si possa tornare a viaggiare.
2. Cosa ti ha spinto a diventare nomade digitale e qual è il percorso che ti ha portato fin qui?
È stato un caso. Ho vissuto a Londra fino al 2011. Qui mi sono specializzata nel SEO lavorando per una grossa azienda con business esclusivamente online. Anche se mi trovavo molto bene in azienda avevo voglia di un cambio.
Ma, prima di cercare un altro lavoro ho deciso di regalarmi 6 mesi di viaggio in Centro America… anche questa era una pratica piuttosto comune in Gran Bretagna. A 48 ore prima della partenza un amico mi ha fatto incontrare una persona che aveva bisogno di una SEO Specialist che parlasse Italiano. Ed è stato lui a propormi di lavorare in remoto. Inizialmente mi sembrava una follia e stavo per rifiutare ma ho cambiato idea il giorno prima della partenza. Così il 21 Gennaio 2011 è cominciata l’avventura da Nomade Digitale.
Quel lavoro mi ha permesso di viaggiare e pagare le spese di viaggio per 3 anni. Nel mentre, quello stesso anno, ho creato un blog di viaggio, il primo in Italia che raccontasse viaggi in solitaria, zaino in spalla e giri del mondo, grazie al quale è nata la figura del Travel Designer. Nel 2015 ho deciso di dedicarmi full time al Travel Designing.
3. Qual è stato l’ostacolo maggiore che hai dovuto affrontare e come lo hai superato?
Dipende dal lavoro, le tre attività che svolgo hanno tutte ostacoli differenti ma due ostacoli sono comune:
- Trovare i clienti: questa è la parte più complicata per me perché non sono molto commerciale e ho sempre preferito che fossero i clienti a trovare me.
- Mettere dei paletti alle richieste dei clienti: spesse volte i clienti a lavori iniziati e contratto firmato cominciano a fare extra richieste che non sono preventivate. Tenere il polso duro non è sempre facilissimo.
Per superarli ho dovuto lavorare molto su di me, limando aspetti del mio carattere che mi erano di ostacolo cercando di superare alcuni timori che mi bloccavano.
4. Elenca tre pro e tre contro dell’essere nomade digitale.
PRO
- Migliore organizzazione delle proprie giornate. Per esempio io sono una persona notturna e preferisco lavorare fino a notte inoltrata piuttosto che svegliarmi presto.
- Libertà di poter lavorare da dove si desidera.
- Possibilità di stare con la propria famiglia (o affetti in generale) quando si vuole, anche se vive lontano. Ho una sorella ed un nipotino che vivono a Madrid, un’altra che vive a Brighton, la mia famiglia invece vive in Sicilia. Poterli vedere quanto più possibile per me è importantissimo. Il nomadismo digitale mi permette di esserci anche per lunghi periodi.
CONTRO
- Sai quando cominci a lavorare e non sai quando finisci. Weekend inclusi.
- Instabilità economica, siamo dei freelance e possiamo avere mesi migliori di altri, non c’è mai una certezza.
- A volte ci si sente soli.
5. Cosa significa per te essere nomade digitale? Qual è il tuo stile di vita, la filosofia esistenziale che ti accompagna nel tuo nomadismo?
Essere nomade digitale per me vuol dire essere libera e flessibile. Libera di muovermi e di organizzare il mio tempo. Flessibile nell’affrontare un po’ tutti gli eventi, anche quelli inaspettati o non preventivati.
Fare il salto al nomadismo digitale, ma potrei dire al mondo freelance in generale, obbliga a esser pronti a tutto (pensare veloce, reinventarsi, cimentarsi in nuove avventure ed anche con la gestione delle finanze). Se non si è flessibili difficilmente ce la si può fare.
6. Parliamo di comfort zone. Se potessi insultarla, maltrattarla o sbeffeggiarla (anche simpaticamente) usando 3 parole per descriverla, quali sarebbero?
La comfort zone per me è importante esattamente come la non-comfort. Dopo tanti anni di viaggio in solitaria e zaino in spalla anche le avventure estreme, paradossalmente, erano diventate la mia quotidianità e il cambio era tornare “alla normalità”.
Voglio bene alla comfort zone. Quando comincia a starmi stretta la lascio per un po’, tanto poi torno sempre.
7. Pensi che l’essere nomade digitale possa avere un’influenza sulla nostra società?
Il Nomadismo Digitale è affascinante, non a caso le comunità stanno crescendo moltissimo e sempre più persone decidono di cimentarsi nel lavoro indipendente. Poi alcuni decidono di viaggiare ed altri no. Questo però ha a che fare con il desiderio di rendersi indipendente lavorativamente – quindi poterlo fare da dove si desidera – del singolo.
Per quanto riguarda la società, credo che un ruolo importante lo abbia avuto proprio la pandemia che stiamo vivendo. Ho la sensazione che possa accelerare il passaggio al lavoro in remoto e, magari più in là, anche al nomadismo. Molte aziende hanno dovuto far lavorare da casa i propri dipendenti. Chissà se quando tutto tornerà alla normalità di questo anno difficile non rimanga il lato positivo (oltre il lavarsi le mani!) e non ci si muoverà in questa direzione.
8. Nel futuro ti vedi ancora nomade o pensi che vorrai stabilire il tuo nido da qualche parte?
Chi lo sa! 10 anni fa pensavo che non mi sarei mai fermata. 3 anni dopo invece non sopportavo più la mia vita in viaggio e chiusa in zaino di 10 chili. Sono andata a vivere a Berlino. Dopo 1 anno e mezzo mi sono rimessa in viaggio, per periodi più brevi, 3 o 4 mesi, per poi tornare a casa. Rientrare nella zona comfort, ricaricarmi. Ripartire.
Ho cambiato idea e modo di viaggiare e lavorare talmente tante volte che non riesco neanche a chiedermelo.
9. Qual è il consiglio più prezioso che daresti a chi vuole intraprendere la tua strada o professione?
La passione è importante, ma le competenze e le esperienze accumulate forse lo sono di più. Il mio consiglio è di non lasciarsi influenzare da chi ti dice cosa e come farlo, ma di cominciare ad applicare da subito le tue competenze ad un progetto tutto tuo. Quando sarà pronto e vedrai che funziona, allora solo a quel punto, lanciati nell’avventura e fai il famoso passo del “mollo tutto”.
Spesse volte vedo troppa leggerezza nel prendere questa decisione. Lo scoglio non è licenziarsi, ma avere un’idea che funzioni e che ti permetta di raggiungere l’obiettivo: viaggiare e lavorare.
10. Minimalismo è di solito una caratteristica che contraddistingue un nomade digitale. Come si fa a chiudere tutta la propria vita in poco spazio e che vantaggi apporta seconda la tua opinione?
Basta mettersi uno zaino in spalla che pesi più di 15 chili e ti renderai conto che molte delle cose che hai lì dentro non servono. E questa cosa rimane anche quando si torna a casa. Se come me, poi, hai tutto stipato in uno sgabuzzino, al ritorno quasi ci si dimentica di averle e si continua a vivere con quel poco.
Una vita minimalista permette di limitare gli sprechi, a partire da abiti ed accessori che quando si viaggia devono essere ridotti al minimo, ed anche ad una migliore gestione delle finanze. Si impara a capire di cosa si ha bisogno davvero e cosa no. Con questo non voglio dire che non mi conceda qualche vizio ma, muovendomi spesso, avere tante cose è più un impiccio che un vantaggio.
11. Hai un aneddoto da raccontarci, magari una piccola disavventura che ti è capitata in viaggio e che successivamente si è dimostrata una grande lezione?
A Maggio 2011 mi trovavo ad Utila, in Honduras. Incontro Jake, un australiano con padre giapponese, quindi dai tratti somatici asiatici.
Mi racconta che viaggia da molti anni e che riesce a pagarsi i viaggi grazie ad un ebook – in quegli anni era una grande novità – che si intitola “47 modi per non diventare rossi quando si beve alcool”. L’ebook era pensato per il pubblico asiatico, quindi un mercato gigantesco, che vuole bere alcolici senza diventare rossi in faccia, cosa che provoca molta vergogna. L’ebook di 47 pagine lo vendeva a $47. È stato il primo nomade digitale incontrato nei miei viaggi.
Non solo, Jake ha fatto di più per me (senza volerlo probabilmente).
Mi ha consigliato di applicare le mie competenze SEO ad un mio progetto e non solo per dei clienti. Una settimana dopo nasce Viaggiare Low Cost che mi ha letteralmente cambiato la vita.
12. Tre città o luoghi che un nomade digitale dovrebbe vedere almeno una volta nella vita e perché.
Menzionare tre città che un nomade digitale dovrebbe vedere mi viene un po’ difficile, nel senso che ogni luogo che ho visitato sarebbe da vedere. Pensando invece a luoghi e città in cui credo un nomade digitale si sentirebbe comodo, allora la scelta si restringe. Escludo destinazioni che sono sicura sono già state menzionate da altri nomadi.
- Cape Town. È una delle città più belle del mondo, in uno dei paesi più belli del mondo. Internet funziona molto bene, ha tantissimi bar in cui poter lavorare e stanno nascendo anche i coworking. Non è particolarmente costosa ed è un interessante punto di partenza per cominciare a scoprire l’Africa.
- Berlino. È la città in cui mi sono sempre sentita comoda ed a mio agio. Culturalmente vivace, alternativa e creativa è pienissima di freelance, o aspiranti tali, con tanti bar e luoghi in cui poter lavorare.
- Sarajevo. La storia della città è tristemente appassionante, un crogiolo di emozioni talmente forti che deve per forza aprire la mente spingendo alla riflessione. La città è deliziosa. Il costo della vita è piuttosto basso. E poi la Bosnia-Erzegovina si trova nel cuore dei Balcani, che sono bellissimi, ed apre a road trip eccezionali arrivando fino alla Turchia ed alla Grecia.
In tutte e tre le città la maggior parte delle persone parla inglese, ci sono tanti bar o locali in cui poter lavorare, offrono davvero tanto in termini di cultura, divertimenti, attività e sono basi eccellenti per viaggiare nei dintorni. Tutto quello di cui un Nomade digitale ha bisogno.
13. Se la tua vita fosse un messaggio che dai al mondo, che messaggio sarebbe?
Non lasciarti mai influenzare da nessuno, ma abbi fiducia nella tue intuizioni.
15. Sei felice?
Sono più che altro felice della persona che sono diventata. Ho imparato a gestire la crisi ed i momenti difficili, mi sento libera abbastanza per prendere decisioni anche poco convenzionali che vanno contro le opinioni degli altri, credo nelle mie intuizioni e dico, senza vergogna, quello che penso.
Non sempre le mie giornate sono felici, come per tutti credo, ma sono orgogliosa del mio percorso e di quanto sia riuscita a fare contando solo su me stessa. Buoni motivi per poter affermare che sì, sono felice.
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