Sebastiano Bresolin: Ads Specialist

C’è un momento dell’attrazione verso il nostro mondo in cui tutti veniamo sopraffatti dalla curiosità verso questo nomadismo digitale. È un po’ come se la destinazione diventasse questa.

Ma si sa, non è tanto trovare la risposta giusta. Quanto porsi la giusta domanda. E non possiamo che ammirare il procedimento induttivo applicato da Sebastiano Bresolin. Dove la voglia di scoprire diventa terremoto che dà origine ai processi più disparati, in cui la filosofia sapientemente condivide il punto di equilibrio con esperienze tutte da vivere.

Finché ci si chiede, o meglio, il nostro stesso intervistato si chiede: e quindi cosa importa della meta? Con buona pace delle definizioni enciclopediche: il nomadismo digitale è un viaggio interiore che dura una vita, solamente con un pc sulle proprie spalle.

1. Sebastiano, in due parole: chi sei? Dove ti trovi attualmente e in cosa consiste la tua attività di nomade digitale?

Mi chiamo Sebastiano e sono cresciuto nella provincia veneta nel punto in cui la pianura incontra la montagna.

La mia professione consiste nell’aiutare aziende e professionisti a promuoversi nei canali digitali a pagamento (Google Ads e Facebook Ads). Inoltre, posso aiutare queste attività creando landing page ottimizzate per gli obiettivi dell’attività e posso aiutare a sviluppare un brand partendo dalla fase di start-up.

In questo momento mi trovo in Messico da più di 6 mesi dove ho passato (e continuo a passare) le restrizioni relative a questo 2020.

2. Cosa ti ha spinto a diventare nomade digitale e qual è il percorso che ti ha portato fin qui?

Mi sono formato in chimica industriale ma non ho mai cercato una professione legata a questo percorso. Non sopportavo il fatto di dover restare chiuso nello stereotipo del topo da laboratorio. Credo che la mia parte estroversa ne stesse risentendo molto durante quei periodi. Dentro di me avevo sempre sperato di poter fare una vita fuori dalla routine e fuori dagli schemi tradizionali.

Nel lontano, ma non troppo, 2017 scarico la nota app Tinder e cerco di vedere se riesco a stabilire qualche nuova conoscenza. La cosa non darà grande esito in quanto in provincia quasi non si usa e gli spostamenti richiesti sono spesso eccessivi; un giorno inizio a chattare con una ragazza olandese ‘matchata‘ finita casualmente nelle mie zone e, parlando del più e del meno, mi racconta che lei è “una nomade digitale”.

Quando me lo ha detto mi è venuta in mente una carovana di gitani piena di luci a led colorati intermittenti: non sapevo proprio cosa fosse!

Lei con pazienza mi spiega che cos’è, mi racconta che c’è gente che viaggia col PC e lavora da dove vuole, e subito dentro di me ho pensato: “Wow, che figo… devo farlo anch’io!”

Ovviamente non avevo la minima idea da dove iniziare…

Novembre 2017: compro il mio primo biglietto di sola andata transcontinentale per il Myanmar e inizio come volontario nel centro Thabarwa di Tanlyin. Qui mi ritrovo in una realtà fantastica che aiuta circa un migliaio di persone ad avere accesso alle cure mediche di base e, in chiave spirituale, diffonde la meditazione come strumento di aiuto personale e collettivo. Nel centro Thabarwa ci sono circa 3500 persone ed è gestito da monaci buddisti con una buona comunità di volontari internazionali che conta tra le 20 e le 40 unità a seconda del periodo. Il centro ci dà la possibilità di gestirci il nostro tempo e prendere parte ai programmi secondo la nostra volontà. In questi giorni mi prodigo nell’aiutare i pazienti a svolgere esercizi di riabilitazione, qualche volta li laviamo, li portiamo in giro o semplicemente gli offriamo un sigaro di fattura locale.

Nel tempo libero ne approfitto per studiarmi per bene le basi del marketing digitale che seguo tramite tablet; anche solo mezz’ora o un’ora al giorno, ma intanto mi faccio un’idea più approfondita. Rimarrò due mesi in totale in questo paese unico e incredibile che ha lasciato un marchio indelebile dentro di me.

Chiang Mai è la meta per l’inizio del gennaio 2018. È lì che si trovano i Digital Nomads e io volevo conoscerli. Mentre ero in Myanmar mi sono praticamente inventato un volontariato contattando gli ostelli di Chiang Mai a caso su Messenger e così intraprendo il mio viaggio by land verso la Thailandia, sapendo che qualcuno mi riceverà.

Dopo aver ricevuto un passaggio in corriera dai monaci, essere salito su di un taxi stile Borat con 4 galline sul tettuccio, aver fatto l’autostop al tipo col carretto che vende al mercato e preso altri mezzi arrivo a Chiang Mai.

A Chiang Mai rimarrò, anche qui, per ben due mesi come volontario dell’ostello Thailand WOW dove mi occuperò di creare il sito web (il primo che ho realizzato), reputazione ed analisi online e varie ed eventuali come installare le docce, dipingere, cucinare, ecc…

In Thailandia la mia missione però è quella di conoscere il fenomeno del nomadismo digitale, quasi fosse un’attrazione turistica che mi sono creato in testa. Inizio a interagire con i primi nomadi, li osservo, cerco di comprendere come funzionano le regole del gioco e, alla fine, mi rendo conto di essere entrato nello stesso mindset. Iniziato il tutto quasi per gioco, continuo a studiare tramite corsi online e cerco di specializzarmi. Smuovo la mia rete di amicizie precedenti (amici, parenti, conoscenti vari) e scrivo nei vari gruppi Facebook per fare in modo di poter attivare le mie prime collaborazioni (anche gratuite), le quali saranno la base per la mia professione futura: il PPC specialist.

Sono enormemente grato al gruppo NDI e alle persone che mi hanno aiutato nell’intraprendere questo stile di vita.

3. Qual è stato l’ostacolo maggiore che hai dovuto affrontare e come lo hai superato?

L’ostacolo peggiore è stato vincere la costante indecisione, l’insicurezza a mettersi in gioco. All’inizio è stato difficoltoso fare il salto nel vuoto quando stavo acquistando il primo volo sola andata.

Poi ho dovuto vincere molte resistenze per iniziare la mia nuova attività e metterci la mia faccia (prima attività lavorativa che intraprendo in solitaria). Ad un certo punto mi sono seduto davanti ad uno specchio e mi sono convinto che solo passando all’azione avrei potuto creare qualcosa. Identificare i meccanismi mentali che ci creano ostacoli nel quotidiano è stato un lavoro molto importante per proseguire con questo stile di vita e crescere interiormente.

4. Elenca tre pro e tre contro dell’essere nomade digitale. 

PRO:

  1. Il viaggiare è intrinsecamente dinamico, ci dà la possibilità di conoscere nuove persone, in nuovi posti e situazioni. Ogni volta abbiamo la possibilità di interagire con persone differenti e con un approccio personale differente che può aiutarci a conoscerci maggiormente.
  2. Se ti rompi le scatole di un posto non devi starci per forza perché hai un lavoro fisso o un contratto d’affitto (o un mutuo) oppure altre situazioni che ti vincolano. Penso a molte persone che per lavoro o per amore si sono trasferite in un posto e poi, quando le cose non hanno funzionato, si sono ritrovate “incastrate” in un luogo dove non volevano stare.
  3. Ti impone uno stile di vita minimale, tutto in uno zaino: il tuo guardaroba, il tuo ufficio, il beauty, le medicine, tutti i tuoi averi in uno zaino solo. Grazie a questo inizi a distaccarti dalle “cose”, da quegli “oggetti” che speravi ti facessero felice e dai maggior valore alle esperienze e alle persone che incontri.

CONTRO:

  1. La famiglia, gli amici e i conoscenti vari li devi lasciare per un po’, per molti può essere duro.
  2. Diventa molto più difficile poter instaurare relazioni lavorative se si necessita una presenza stabile. Alcune agenzie di marketing digitale in cerca di collaboratori mi avevano risposto picche dopo essermi proposto poiché gli ho detto che avrei accettato un lavoro solo da remoto. Magari stanno cambiando idea…
  3. Se hai la passione di collezionare oggetti o l’impulso dello shopping molto probabilmente dovrai rinunciarci.

5. Cosa significa per te essere nomade digitale? Qual è il tuo stile di vita, la filosofia esistenziale che ti accompagna nel tuo nomadismo? 

Per me è un modo di vivere molto più umano. Sotto molti aspetti è più facile: ci si può spostare per visitare posti nuovi, conoscere nuove persone, puoi fare esperienze uniche.

Senza questo grado di libertà non avrei potuto conoscere il rituale dell’Ayahuasca che per me ha avuto un significato di profonda trasformazione. Ovviamente se uno vuole restare in un posto ci resta e basta, non c’è nessun obbligo a viaggiare.

Il nomadismo digitale è come se fosse un “viaggio della vita” con il lavoro appresso. Hai presente quei viaggioni lunghi da 6 mesi e più? Ecco. Però diluito in un tempo più lungo e col PC in spalla.

Unisce la comodità del lavoro digitale con la possibilità di fare esperienze. Il tutto senza creare grandi “strappi” alla propria vita: come la rinuncia di un lavoro, il finire una relazione amorosa in corso, o altre cose.

Nel mio nomadizzare cerco sempre di rispettare gli abitanti locali, di avere interazioni sociali positive e di mantenere le responsabilità lavorative verso i miei clienti.

6. Pensi che l’essere nomade digitale possa avere un’influenza sulla nostra società?

Molte delle persone a cui racconto come vivo mi dicono che invidiano questo stile di vita e che gli sembra un sogno. Devo dire che in realtà il nomadismo digitale è uno stile di vita che necessita la sua transizione da lavoro tradizionale a remoto, ma una volta acquisita una stabilità nel proprio income molte delle difficoltà iniziali svaniscono subito. Ovviamente non è per tutti e ci sono alcune rinunce da tener conto.

La società sta rendendo possibile questo stile di vita, la velocità di internet è arrivata a livelli eccellenti anche in paesi che, ai più, potrebbero risuonare con una nomea non legata all’evoluzione tecnologica (penso a Thailandia, Vietnam, Colombia, ecc). Organizzare un viaggio è diventato facilissimo, in pochi minuti possiamo acquistare un biglietto aereo e avere un posto dove dormire.

Se penso alla società tra qualche decina di anni me la immagino sicuramente più fluida negli spostamenti. Il nomadismo digitale magari scomparirà come definizione e sarà soltanto un modo di vivere comune. Un qualcosa che qualcuno fa, magari sarà di moda tra i più giovani. In parallelo i traslochi e gli spostamenti saranno molto più facili. Forse le vacanze, nel senso classico del termine, non esisteranno più magari, perché una persona potrà godere di una maggiore libertà personale e la propria vita lavorativa sarà meno pesante di oggi.

7. Qual è il consiglio più prezioso che daresti a chi vuole intraprendere la tua strada o professione?

Essendo partito per il mio vagabondare senza una professione online vendibile lego la mia professione al nomadismo, non c’è l’uno senza l’altro.

Mi sento di condividere ai posteri alcuni punti che ho scritto:

  1. la base: metti via una cifra “cuscinetto” non inferiore a 5000€ per riserva.
  2. la filosofia: abbraccia il minimalismo (impara a spostarti con una valigia/zaino), non comprare cose inutili, vivi il più green possibile, acquista locale, sii generoso con le persone.
  3. la parte più delicata: capisci come puoi collocarti nel mondo del lavoro online, passa all’azione quanto prima e vai per tentativi pianificati anche in breve tempo. Sii pratico, no over-thinking, cerca il tuo equilibrio personale tra viaggio e lavoro.
  4. la cosa più importante: conosci chi è già nomade digitale, sarà una delle cose che ti aiuterà di più!

8. Hai un aneddoto da raccontarci, magari una piccola disavventura che ti è capitata in viaggio e che successivamente si è dimostrata una grande lezione?

Fidati del tuo istinto, non tradirlo.

“Vedi quel venditore ambulante di strada che ti sta offrendo un ceviche composto da dei gamberetti non necessariamente freschi? So che ti piace… Ma no, non provarli, non conviene, sai… sì, potrebbe essere buono, ma meglio di no!”

Questo è quello che sarebbe dovuto essere il mio dialogo interiore prima di finire in ospedale per intossicazione alimentare il giorno successivo ad inizio 2019 mentre ero in Colombia.

Il ceviche non era neanche buono!

9. Tre città o luoghi che un nomade digitale dovrebbe vedere almeno una volta nella vita e perché.

  1. La capitale dei nomadi digitali, forse scontata:
    Chiang Mai → Qui si può iniziare ad avere contatti, capire come vivono gli altri nomadi e poi, ci si ritorna sempre volentieri. Si va a Pai a fare un giro in moto passando per le 700 e più curve, si va a vedere il tempio bianco a Chiang Rai e al mercato notturno a mangiare di tutto e di più (coscienziosamente).
  2. Il posto dove vivere a 1000:
    Medellìn → La Colombia è ad alto voltaggio, lasciamo stare gli stereotipi alla Pablo Escobar, è da vivere sul serio. Qui si interagisce in spagnolo (lingua a noi molto vicina) e ci si può addentrare maggiormente nella mentalità locale. La comunità nomade ed expat è probabilmente la più folta del Sud America. È relativamente economico e ci sono molti posti interessanti da visitare. Obbligatorio a chi piace ballare e non.
  3. Un posto per rilassarsi:
    Lisbona → Devo ammettere che non l’ho vissuta da nomade ma da studente in Erasmus. Lisbona ha un ottimo clima da Aprile fino a Settembre, il cibo è molto buono, è finanziariamente abbordabile per il continente europeo, ha il mare a portata di autobus ed è molto varia, presenta zone sia storiche sia molto moderne.

10. Una canzone che hai raccolto (o che ti ha accompagnato) durante un viaggio

La canzone che mi va di citare è una cover metal del tormentone “Despacito” realizzata dall’italo-norvegese Leo Moracchioli.

Mi ricordo un momento in cui ero a Chiang Rai in Thailandia con 3 amici, anche loro nomadi, e c’eravamo fermati in un bar del centro con biliardo e karaoke tracannando birre locali in tarda serata. La particolarità di questo posto è che era gestito da due trans in preda ai fumi dell’alcol che ci avevano lasciato il controllo del locale: potevamo mettere musica, ballare, urlare. La situazione era del tutto nuova per me, c’era un senso di tolleranza e libertà. Mi ricordo che in quel momento mentre stavo ascoltando i riff metalleggianti di questa cover latinoamericana ondeggiando il capo, con i due trans che ridevano un sacco, stavo pensando tra me e me: “Ma dove czz sono?!”

11. Se la tua vita fosse un messaggio che dai al mondo, che messaggio sarebbe?

Pianificare per semplificare, lavorare per vivere, rispetta l’altro. Rifuggi dai problemi che non puoi risolvere. Sii pratico e osservati.

Non riflettiamo troppo, non lasciamo che siano le strane connessioni nella nostra capoccia a bloccarci. Penso che dobbiamo comprendere come semplificarci la vita, non complicarcela di sovrastrutture.

12. Sei felice?

Siamo in ripresa, dai. Sono fiducioso di aver messo le basi per poter migliorare. Questo nuovo stile di vita mi dà la possibilità di agire e capire maggiormente come funzionano le regole del gioco.

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Redazione
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