Guida intergalattica per aspiranti ghostwriter

Chi ha pronunciato per la prima volta la parola ghostwriter? Forse qualcuno del mestiere che, ironia della sorte, non sembra aver lasciato la propria firma in calce.

Le penne fantasma non fanno paura, se non per la propria abilità alla tastiera, ma come le entità da cui prendono in prestito il nome lasciano dietro di sé un mondo intero di dubbi e interrogativi. Una serie di chi, come, quanto e quando aleggia intorno a una delle figure più nebulose della scrittura online. “Un personaggio equivoco, persino un mezzo criminale” si è sentita dire Simona Camporesi che ci guida in un lungo viaggio alla scoperta del suo mondo.

Ci prende e ci guida per mano in ciò che sente - perché sente - questo ghostwriter, l’ardire che deve possedere e i suoi tratti invisibili - perché di qualità, eh, ce ne vogliono molte -, ci tiene stretti perfino quando facciamo insieme due o tre passi indietro come farebbe una penna fantasma professionista.

E per fortuna che questi spettri paura non fanno, se riescono con così tanta cura a farsi scivolare di dosso il lenzuolo bianco e, per questa volta, raccontarci anche di sé e mettere una bella firma a conclusione di quella che definisce come la non-Bibbia degli Aspiranti Ghostwriter. Senza nome, ma con tanta ironia questi ghostwriter, concedetecelo. Parola, per davvero, a Simona.

Poche professioni suscitano un mix di fascino e sgomento come quella del ghost writer. Il fascino è dettato da quell’alone avventuroso ed evanescente che circonda la sua figura e che lo rende nell’immaginario popolare simile a un detective con la pipa in bocca tra i vicoli fumosi di Londra, una spia in missione durante la Guerra Fredda o un supereroe della Marvel. Lo sgomento nasce invece dalla sua natura camaleontica e trasformista, che spesso lo bolla come un mercenario della scrittura privo di solidità e voce propria, un tizio poco raccomandabile, un potenziale avanzo di galera.

Al di fuori della bolla dei professionisti del digitale, la maggior parte delle persone non ha la più pallida idea di chi sia un ghostwriter né di cosa faccia. Nei casi più fortunati hanno visto il film dove Ewan McGregor si fa carico delle memorie di Pierce Brosnan e in virtù di questo corre il rischio di essere ammazzato (L’uomo nell’ombra, NdA), e quando scoprono che razza di mestiere fai ti guardano con un sopracciglio alzato catalogandoti all’istante come una persona un po’ bizzarra, ai limiti del losco, anche un poco masochista, che ama l’azzardo e rischia la vita ogni volta che prende la penna in mano. E quando scoprono che in realtà è tutto assai meno romantico di quanto si erano aspettati, la delusione si trasforma in rivalsa: “Ma perché non scrivi libri tuoi?” chiede qualcuno, “Ma quello che fai è legale?” azzarda un altro. Insomma, non solo un personaggio equivoco, persino un mezzo criminale

Capirete ora perché la richiesta da parte degli admin di scrivere un articolo sul tema sia stata accolta dalla qui presente con estrema serietà e grande senso di responsabilità. Che questo karma infame venga finalmente ripulito: povero ghostwriter, è ora di restituirti un po’ di dignità!

Una premessa: non sono un’esperta di ghostwriting. Non sono una studiosa del settore, non conosco la maggior parte dei miei colleghi e non sono depositaria di risorse uniche e inconfessabili segreti su come intraprendere questa professione. Sono solo una persona che da diversi anni ha avuto l’ardire, l’onore e l’immensa fortuna di avventurarsi su questa strada con discreto successo e che forse attraverso il racconto della sua storia può dare qualche spunto a chi desidera apprendere il mestiere. 

Quella che segue, dunque, non è la Bibbia degli Aspiranti Ghostwriter e nemmeno uno dei Vangeli Apocrifi, ma solo la mia esperienza personale, molto soggettiva, a tratti anche poco ortodossa. L’invito a te che leggi è perciò quello di maneggiarla con cautela, leggerla con cuore aperto e prendere di essa solo ciò che ti risuona per adattarlo alla tua personalità e alle tue esigenze. E il resto, lasciarlo andare.

Chi è il ghostwriter e cosa fa?

Appurato che non è un losco figuro ma una persona che si guadagna onestamente il suo tozzo di pane quotidiano, proviamo ad azzardare una definizione semplice e il più possibile precisa: il ghostwriter è un professionista della scrittura che scrive per conto di qualcun altro assumendone la voce

Non si limita cioè a offrire le proprie abilità di penna a un cliente ma scrive, o almeno dovrebbe farlo, come se fosse quel cliente: con il suo nome e cognome (o brand), il suo stile, le sue idee e le sue competenze, il suo punto di vista sul mondo. E, salvo rari casi in cui compare come co-autore, lo fa agendo nell’ombra proprio come un fantasma, senza che nessuno, a parte lui e il committente, sia a conoscenza della sua esistenza. 

Il ghostwriter è dunque un camaleonte in grado di assumere i panni di chi ha di fronte e di scrivere al suo posto, muovendosi tra gli ambiti più disparati e ricorrendo a mezzi espressivi diversi. 

Teoricamente è un ghost chiunque scriva su commissione senza porre la propria firma in calce ai testi redatti, esistono quindi penne fantasmine che si occupano di articoli, landing page, social media, speech politici, contenuti video e conferenze, persino poesie. 

E poi, naturalmente, ci sono fantasmi che scrivono libri, ed è su quest’ultima categoria che si incentra la presente guida.

Il ghostwriter di libri 

Un ghost può scrivere diversi tipi di libri: romanzi, saggi, manuali pratici, autobiografie, guide turistiche, ricettari e qualunque altro libro possa venirti in mente, a parte forse i rotoli di Qumran. Può lavorare come dipendente oppure come freelance, può collaborare con case editrici oppure con privati.

Possono richiedere i suoi servizi diverse tipologie di clienti, ad esempio: 

  • autori e aspiranti tali che vogliono scrivere un romanzo;
  • imprenditori e start-up che vogliono commissionare infoprodotti destinati alla vendita;
  • professionisti che attraverso un libro intendono creare un brand, oppure consolidarlo;
  • privati che desiderano raccontare la propria storia affinché possa essere utile ad altri;
  • persone che vogliono affidare alla carta le proprie memorie affinché non vadano perdute.

Spesso mi sono sentita chiedere perché mai qualcuno dovrebbe decidere di far scrivere un libro a qualcun altro anziché scriverlo di proprio pugno. I motivi per cui si sceglie di affidarsi a uno scrittore fantasma possono essere diversi:

  • perché non si sa scrivere (abbastanza bene);
  • perché non si ha il tempo di scrivere;
  • perché si sa cosa dire ma non come dirlo;
  • perché non si sa cosa dire e nemmeno come dirlo (sob);
  • perché non si è in grado di mettere ordine alle proprie idee, sviluppare una trama, organizzare gli argomenti, creare una scaletta.

Tip: sono sempre più numerose anche le persone che si rivolgono a un ghost per “fare terapia”, per sputare fuori la propria storia dolorosa e, affidandola a mani altrui, poterla osservare da fuori con la giusta distanza e obiettività. Appuntatelo da qualche parte: in questo periodo storico così faticoso per molti, quella del “libro-terapia” potrebbe diventare presto una nicchia molto interessante.

Scrivere libri su commissione: un settore in continua espansione 

La diffusione del digitale e del self publishing ha avuto un impatto drammatico sul settore editoriale, creando nuove figure professionali e portando a un drastico aumento delle opportunità lavorative, un tempo legate quasi esclusivamente alle case editrici. Là fuori, adesso, c’è un mondo gigantesco che ruota al di fuori dell’editoria tradizionale e che coinvolge milioni di “attori” indipendenti, molti dei quali potenziali clienti di un ghostwriter.

Oggi la scrittura non è più appannaggio esclusivo di chi scrive per mestiere ma di chiunque aspiri a raggiungere un briciolo di notorietà o intenda incrementare le proprie fonti di reddito. 

Un libro può essere infatti tante cose:

  • l’espressione di un processo creativo; 
  • un’appendice dell’ego; 
  • un veicolo per divulgare un messaggio; 
  • una rendita passiva; 
  • uno strumento di auto promozione. 

Non è questa la sede per parlare dei rischi, etici e di qualità, che questa “democratizzazione della scrittura” inevitabilmente porta con sé, quello che mi interessa ai fini di questo articolo è sottolineare le opportunità lavorative che ne derivano per un aspirante ghostwriter. Opportunità enormi, dal momento che molti dei nuovi “scrittori” a cui si accennava poco fa avranno bisogno di qualcuno che li aiuti a realizzare il loro progetto. 

Le opportunità non sono solo in termini di mole di lavoro ma anche di soddisfazione economica, e questo mi preme molto sottolinearlo, dal momento che è piuttosto diffusa nel nostro paese l’idea che campare di scrittura sia un’impresa ardua, quasi eroica. È arrivato il momento di sfatare questo gigantesco luogo comune: di scrittura si può vivere eccome, e anche piuttosto bene.

Tra le professioni legate al mondo della scrittura, quella del ghostwriter è di certo la più redditizia, che può contare su tariffe in genere significativamente più alte rispetto a quelle di chi, ad esempio, scrive articoli per il web (sebbene esistano, grazie a Dio, diverse eccezioni), con effetti molto interessanti sia in termini di stipendio mensile, per chi aspira a guadagnare di più, sia di riduzione delle ore lavorative, per chi invece coltiva l’obiettivo di avere più tempo libero a disposizione. 

Sebbene ancora lontani dai colleghi d’oltreoceano, anche in Italia un ghostwriter può guadagnare cifre piuttosto stimolanti, specialmente nell’ambito dell’extra fiction, dove i clienti sono per la maggior parte imprenditori e professionisti con discrete possibilità economiche, in genere più interessati alla qualità che a spendere poco. 

In genere, come quasi sempre avviene nell’ambito del digitale e delle professioni freelance, le tariffe aumentano man mano che crescono le competenze e si consolida il proprio “nome” all’interno del settore o della nicchia di riferimento, ma di questo parleremo tra poco.

Un mestiere per molti, ma non per tutti

Come tutti i mestieri di questo vecchio pazzo mondo, anche quello di ghostwriter ha le sue peculiarità che non lo rendono adatto a tutti. Nulla di strano: se fossimo tutti in grado di fare tutto, l’intera umanità si ritroverebbe probabilmente a galleggiare nello spazio dentro una tuta da astronauta senza nessuno che sforna più pagnotte fragranti ogni mattina. Io ad esempio, il fornaio non potrei mai farlo, e nemmeno il portiere di notte, visto che crollo di sonno prima delle 22.30. 

C’è questo alone di romanticismo che aleggia attorno alla figura del ghostwriter, ma la verità è che scrivere un libro può essere davvero una faticaccia. 

Si lavora a progetti a medio-lungo termine, che possono durare mesi, a volte persino anni, e che se svolti bene richiedono un’immersione totale e un forte coinvolgimento personale

Per scrivere un libro, anche qualora il materiale venga fornito dal cliente, è necessario studiare a fondo l’argomento, farsene avvolgere completamente, affondarci dentro attraverso la lettura di testi, la visione di film, quando possibile la sperimentazione diretta. Ricordo che una collega raccontava come, per potere descrivere in modo veritiero la reazione di un personaggio costretto a mangiare cibo per gatti, decise di sperimentarlo in prima persona aprendosi una scatoletta per colazione. 

L’immersione non riguarda solo il contenuto del libro ma anche il rapporto col committente: conosco colleghi che riducono l’interazione ai minimi sindacabili, ma personalmente credo che sia fondamentale mantenere con l’autore un intreccio costante e profondo ai fini di carpirne la psicologia, lo stile, la visione del mondo, e questo lavoro simbiotico, indubbiamente affascinante, può essere anche molto, molto faticoso e non tutti potrebbero trovarcisi a proprio agio. 

Fatta questa doverosa premessa, ché il mondo del digitale vive già fin troppo di cuoricini e luccichii, veniamo alle skill che un aspirante ghostwriter dovrebbe possedere.

Tra tutte quelle che mi vengono in mente ne ho selezionato cinque, che reputo imprescindibili.

Le skill e le qualità necessarie di uno scrittore fantasma

Un’ottima penna. Sembrerebbe una banalità ma posso assicurarti che, in un mondo in cui tutti si improvvisano esperti in qualcosa dal giorno alla notte, non lo è affatto. Questa è una condizione sine qua non: per poter lavorare come ghostwriter è indispensabile avere un’eccellente conoscenza della lingua italiana, un’ottima capacità di scrittura e un’abitudine consolidata a usarla con maestria e consapevolezza. Se vuoi diventare una penna fantasma di qualità devi saperti muovere con scioltezza tra i diversi registri linguistici, possedere capacità narrative e drammaturgiche (indispensabili anche per chi si occupa di saggistica), sapere catturare l’attenzione del lettore e mantenerla fino all’ultima riga. 

Capacità di revisione. I migliori ghost che conosco sono anche editor professionisti. La scrittura è all’80% riscrittura e revisione: sapere rimettere mano al proprio testo, spogliarlo del superfluo, renderlo più fluido, comprensibile e accattivante è un momento fondamentale di ogni progetto editoriale.

Visione sistemica del libro. Solo Joyce poteva permettersi di trasformare il flusso di coscienza in un libro. Per tutti noi, banali esseri mortali, è importante sapere strutturare un testo, sistemare gli argomenti all’interno di una griglia solida e coerente, metterli nella giusta sequenza e inanellarli tra loro in un flusso narrativo fluido e intrigante. Chi mi conosce sa bene la mia ossessione per la scaletta: senza saperla fare, a mio parere, non si va da nessuna parte.

Empatia. Un bravo ghost deve sapere entrare in empatia col proprio cliente, bucare la soglia dell’apparenza e catturare la sua vera essenza: la sua indole, i suoi sogni, il messaggio che vuole davvero comunicare (e di cui spesso nemmeno lui è consapevole). Molti clienti arrivano con le idee estremamente confuse e il nostro compito è aiutarli a chiarirsele e a fare emergere tutto il potenziale del loro progetto. Se vuoi fare questo mestiere deve saperti aprire all’ascolto e imparare a immedesimarti nei panni altrui.  

Umiltà. Un’altra qualità indispensabile di un ghostwriter è la capacità di sapere mettere l’ego da parte. Ricorda sempre che non stai scrivendo per te ma per il tuo cliente e che non devi raccontare le cose come faresti tu ma come farebbe lui. Devi sapere quando è il momento di fare un passo avanti e quando tre indietro, imparando a resistere alla tentazione (umanissima) di sfoggiare a tutti i costi la tua abilità, soprattutto se questa va a discapito della chiarezza necessaria e dell’obiettivo prefissato.

Come si diventa ghostwriter: la formazione

Che mi risulti non esistono ancora canali di formazione “classici” dedicati al mestiere di ghostwriter, anche se qualche collega sta per fortuna cercando di colmare questa grande lacuna (io stessa sto lavorando in questo senso). Invito comunque a fare ricerche a riguardo, anche allargandosi al panorama internazionale dove per chi mastica l’inglese ci sono di certo più risorse a cui accedere. 

Non potendo dunque consigliare corsi e libri, mi limiterò a indagare le due sole modalità di formazione che conosco da vicino perché sperimentate sulla mia pelle: l’autodidattica e la formazione a bottega.

So che il primo punto solleverà in molti un grido d’indignazione: “Mica ci si improvvisa ghost, mica ci si improvvisa scrittori!” li sento smadonnare laggiù con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Il fatto è che sono perfettamente d’accordo con loro. 

E allora perché ne parlo? Semplicemente perché questa è la mia storia.

Io sono una ghostwriter autodidatta. Anzi, ancora peggio: sono una ghost writer autodidatta senza esperienza pregressa come autrice di libri. Bum! E che adesso crolli pure l’Olimpo della scrittura con tutte le sue mirabolanti divinità. 

Si tratta effettivamente di una grossa anomalia, che merita di essere approfondita.

Fin da ragazzina ho scritto quantità esorbitanti di parole, ma la mia modalità narrativa, prima di approdare alla scrittura per il web, è sempre stato il racconto breve, non a caso l’unico libro a mio nome è una raccolta di racconti semi seri sui miei viaggi da nomade digitale. Scrivevo da tutta la vita, ma non avevo mai scritto un “vero” libro. Eppure, quando tanti anni fa aprii il mio sito web decisi di mettere tra i servizi anche il ghostwriting. Perché? Perché sapevo di poterlo fare.

Non sono mai stata una persona facile ai picchi di autostima, soprattutto ai tempi, quando ancora dovevo consolidare la mia attività di freelance, né sono mai stata propensa a vendermi per quella che non sono. Cosa mi dava allora la sicurezza necessaria per osare? Due cose: una discreta abilità nella scrittura, di cui avevo avuto nel corso del tempo diversi riscontri, e un’esperienza consolidata come editor

Per oltre dieci anni avevo collaborato con diverse case editrici misurandomi con i generi più disparati, avevo imparato a padroneggiare stili e linguaggi diversi, ad assumere una visione complessiva del “prodotto libro” e a costruire una scaletta efficace. A questo si aggiungeva la recente esperienza maturata come SEO copywriter, che mi aveva insegnato non solo a rendere la mia scrittura più incisiva e “visiva” (oggi molto importante anche nell’offline), ma anche a interfacciarmi con i clienti e a gestire i progetti in totale autonomia, cosa indispensabile per un freelance. Quando mi proposi per la prima volta come ghostwriter fu dunque indubbiamente un azzardo, ma un azzardo ponderato

Ho tentennato molto all’idea se raccontare o meno questa parte della mia storia, perché ho visto troppe persone fare il passo più lungo della gamba facendosi parecchio male (e, cosa ancora peggio, facendone ai propri clienti), perciò lo dico chiaro e tondo: non è sufficiente sapere scrivere bene per lavorare come ghost. Occorre anche essere in grado di ideare un progetto e creare l’ossatura necessaria per svilupparlo, modulare la propria scrittura a seconda del target di riferimento, sapere catturare l’attenzione del lettore e riuscire a mantenerla per centinaia di pagine, e queste sono abilità che non possono essere improvvisate. Ecco perché reputo la strada dell’autodidattica percorribile solo da poche categorie: gli autori, gli editor e i professionisti della scrittura strutturata.

Per tutti gli altri il suggerimento è di affidarsi a un ghostwriter già formato che possa insegnare i trucchi del mestiere, possibilmente attraverso un affiancamento in presenza, perché l’online è di certo una benedizione, soprattutto di questi tempi, ma non potrà mai raggiungere la profondità di un lavoro gomito a gomito. Amo molto il concetto di formazione a bottega e la filosofia che le riposa dietro, ne sono sempre stata una grande sostenitrice e l’ho usata in diverse occasioni, l’ultima delle quali nella primavera del 2021, quando due fanciulle hanno compiuto la pazzia di raggiungermi per un mese intero sullo sputo di roccia vulcanica in mezzo all’oceano in cui vivo (<3). 

Perciò è questo il mio consiglio: trovati un mentore che sappia il fatto suo e rompigli le scatole fino all’esaurimento, finché, vinto dalla stanchezza o dal sacro amore per il passaggio osmotico di conoscenza, non sarà costretto a cedere e a prenderti sotto la sua ala protettrice. 

Come si comincia: l’arte della gradualità

Amo molto l’approccio graduale e credo che, come tutti i mestieri, anche quello di ghost dovrebbe procedere per step, per quanto riguarda sia le tariffe che le tipologie di progetto in cui cimentarsi. 

Per il mio primo libro chiesi 20 € a cartella, a cui applicai lo sconto “nuovo cliente” abbassandola a 14. Per il libro successivo chiesi la stessa cifra ma senza applicare lo sconto. Per il terzo alzai ancora un po’, e per quello dopo un altro po’ ancora. Le mie tariffe aumentavano man mano che acquisivo fiducia nelle mie capacità, che diventavo più brava a gestire i progetti e a interfacciarmi con i clienti e che sul mio sito planava un maggior numero di richieste, cosa che mi consentiva di scremare alla base e scegliere solo i lavori che mi gratificavano di più, anche da un punto di vista economico. 

Consiglio a te di fare la stessa cosa. Sii umile e cosciente dei tuoi limiti. Non spacciarti mai per quello che non sei, perché tutti i castelli di carta prima o poi crollano a terra. Non avere fretta, fai un passo alla volta, ricorda che poche cose nella vita sono per sempre, tanto meno le tariffe, e che quello che chiedi oggi è diverso da quello che chiederai domani. 

Ma sii anche consapevole delle tue abilità e delle tue potenzialità. Non lavorare mai gratis. Puoi scrivere gratuitamente un articolo o un paio di cartelle di prova, ma non un libro intero; per quanto breve, un libro richiede un impegno enorme, di tempo e di energie, e farlo senza un corrispettivo adeguato non è sostenibile né moralmente accettabile. Se vuoi che gli altri ti diano valore comincia con il dartelo tu.

Il lavoro “gratuito” dedicalo solo a te stesso, per migliorare le tue skill e crearti un portfolio online. Scrivi articoli, reportage, piccoli ebook, scrivi quello che vuoi ma scrivi, e poi metti tutto online: quello diventerà il tuo biglietto da visita per farti conoscere come ghostwriter.

Maledette tariffe: come “misurare” la scrittura e quanto chiedere

La domanda “Quanto posso chiedere?” è tra le più gettonate tra gli aspiranti ghostwriter e in genere una delle più temute da chi se la sente rivolgere. Chi fa questo mestiere da abbastanza tempo sa infatti molto bene che stabilire la tariffa giusta è un’arte che esula da paletti fissi e che dipende da trilioni di fattori, molti dei quali del tutto soggettivi. L’obiettivo, dunque, è individuare quali sono i tuoi parametri fondamentali e sulla base di essi modulare il tuo tariffario.

Partiamo da come “misurare” il lavoro.

Qualcuno ragiona a tariffa oraria, altri a cartella. Personalmente trovo il tempo un parametro troppo personale e malleabile per essere affidabile: c’è chi scrive veloce e chi è più lento a carburare, ci sono giorni in cui la scrittura fluisce liscia come nettare che zampilla da fonte divina e altri in cui ci si mette un’ora per tirare fuori una frase decente. 

La cartella, invece, è un’unità di misura fissa come la morte, che non subisce modificazioni di sorta, che prescinde dai cambiamenti umorali e dai turbamenti esistenziali. Perciò, che cartella sia! 

Fantastico! Ma che cos’è una cartella?

Sebbene anche su questo ci siano visioni diverse, una cartella corrisponde generalmente a 1800 caratteri, spazi inclusi. Questa è la misura che utilizzo io, nel ghostwriting come nell’editing.

Personalmente non ho una tariffa fissa a cartella ma un range entro cui mi muovo in base alla tipologia di lavoro e di una serie di parametri (di cui parlerò tra poco) e che comunico al potenziale cliente prima di stilare un preventivo preciso, in modo che lui possa farsi una seppur vaga idea e capire subito se può starci dentro oppure no, così da evitare a entrambi di perdere tempo prezioso. 

Solo dopo avere interagito col cliente, appurato che voglio lavorare con lui e conosciuto i dettagli del progetto, stabilisco la tariffa precisa, specificando che il costo del libro corrisponderà esattamente al numero di cartelle scritte, non una di più, non una di meno. Niente forfait, dunque, niente “un tanto al chilo”, ma prezzi a cartella precisi al millimetro e indicati chiaramente sia nel preventivo che nel successivo contratto. 

Dicevamo dei parametri in base ai quali modulare le proprie tariffe. Eccone alcuni:

La mole di lavoro pre-scrittura. Malgrado quello che si possa pensare, la scrittura è solo la punta dell’iceberg di un libro, la maggior parte del lavoro si consuma prima di prendere la penna in mano. Chiediti: le informazioni mi verranno fornite o dovrò procurarmele? Se devo fare una ricerca, quanto tempo mi porterà via? Quante ore di video interviste con il mio cliente saranno necessarie per reperire il materiale che mi occorre?

La tipologia di libro. L’argomento richiede delle competenze specifiche che sono appannaggio di pochi ghost? È un romanzo o un saggio? È un manuale divulgativo o un libro tecnico? Un saggio, ad esempio, prevede spesso lavori aggiuntivi rispetto alla scrittura di un romanzo, come la stesura di note esplicative e la redazione di quell’inferno chiamato bibliografia, di cui è fondamentale tenere conto in fase di preventivo. 

La tipologia di cliente. Qui entriamo in un ambito estremamente soggettivo, ma che ritengo di vitale importanza: l’analisi del cliente. Che lavoro fa e in quale situazione economica ed esistenziale si trova? È una persona affidabile o un potenziale furbetto? La comunicazione tra noi fluisce oppure inciampa? Ogni cliente è un mondo a sé, imparare a capire chi si ha di fronte prima di accettare un lavoro e stabilirne prezzi e condizioni può fare la differenza tra una collaborazione soddisfacente e un disastro annunciato.

Le tempistiche e le modalità di lavoro. Quanta fretta ha il cliente? Ha deadline precise o morbide? È sempre disponibile per le call o solo la domenica dopo le 21, quando magari io non desidero altro che sprofondare nel letto? Se il cliente ha tempi stretti è probabile che potrai dedicarti solo al suo progetto e che per qualche tempo sarai costretto a lavorare molto sodo: il tempo che sottrai ad altri clienti (e altri introiti), quello che togli ai tuoi cari e alle tue passioni, così come lo stress che potresti accumulare di fronte a tempistiche rigide e accelerate, sono tutti elementi che hanno un costo e che andrebbero non solo inclusi nelle tue tariffe ma anche posti alla base delle tue scelte professionali. 

Ghost specialista o generalista?

La diatriba se sia meglio focalizzarsi su una nicchia specifica oppure sviluppare doti generaliste assomiglia un po’ al dubbio amletico se sia nato prima l’uovo o la gallina: impossibile dare una risposta certa, dal momento che entrambe le opzioni nascondono ottime chance.

Sicuramente specializzarsi in una nicchia offre il vantaggio di doversi confrontare con una concorrenza più limitata ed evitare di sgomitare per farsi largo. Riuscire a farsi un nome come esperto di un settore specifico permette non solo di spiccare in mezzo alla massa, ma anche di essere nella condizione di potere chiedere compensi più alti.

Allo stesso tempo, sapersi destreggiare tra ambiti diversi può essere un asso nella manica per accedere a maggiori opportunità e aprirsi di volta in volta a nuovi orizzonti. 

Quindi? Meglio l’uovo o la gallina?

Il mio consiglio è di trovare una nicchia su cui concentrarti ma di coltivare al contempo la capacità di modulare la tua scrittura a seconda del genere, del lettore e dell’obiettivo di riferimento, di specializzarti in un settore fino a diventarne una voce autorevole ma di tenere sempre le antenne dritte pronte a intercettare i cambiamenti e cogliere le nuove opportunità che si spalancano. Il mondo in cui viviamo scivola sempre più nei confini sfumati e nell’assenza di genere, e questo si riflette anche nell’editoria, che risponde al mutamento in atto con generi ibridi sempre più fluidi. 

Ma non dimenticare che dietro ai calcoli della mente riposano sempre quelli del cuore. Non buttarti in un settore solo perché promette più opportunità o tariffe più alte, ricorda che l’insoddisfazione è come il magma che preme contro la crosta terrestre e prima o poi riesce a crearsi un varco: se un argomento non ti piace, presto o tardi ti verrà a noia e la tua scrittura ne risentirà. 

Individua un ambito che ti appassiona, studialo, approfondiscilo, diventane esperto, e vedrai che i clienti non tarderanno ad arrivare. 

A proposito di clienti…

Come promuoversi e trovare nuove collaborazioni

Per un ghostwriter accedere a nuove opportunità lavorative può sembrare in apparenza piuttosto complicato, e in parte lo è davvero. Il fatto che agisca nell’ombra e che i suoi clienti, salvo rarissimi casi, difficilmente riveleranno di essersi avvalsi dell’aiuto di una penna fantasma fa sì che il passaparola sia quasi sempre escluso dalle modalità con cui procacciarsi nuovi clienti.

Un’altra grossa difficoltà che uno scrittore fantasma deve spesso affrontare è l’assenza di un portfolio che testimoni le sue abilità. In un mondo di freelance che si promuovono mostrando lavori pregressi, il ghost, vincolato a contratti di riservatezza, è il Calimero della situazione a cui questa preziosa risorsa è in genere preclusa. 

Come promuoversi, dunque, in assenza di recensioni e libri da poter mostrare?

Un modo può essere quello di usare come curriculum lavori editoriali affini. I professionisti della scrittura hanno maggiori opportunità di essere percepiti come ghost affidabili e anche se non possono pubblicizzarsi come scrittori fantasma possono farlo come autori, editor e web writer.

Sappi però che la maggior parte dei clienti vorrà da te solo una cosa: la prova che tu sappia scrivere bene

Un blog che dimostri le tue doti scribacchine è un ottimo biglietto da visita, ma possono esserlo anche i social; io non sono certamente il miglior esempio in questo senso (l’unico social in cui sono attiva è Facebook) ma più di un cliente è arrivato a me leggendo i miei post.

Qualche anno fa era di certo più semplice, ma il posizionamento organico resta ancora oggi un modo eccellente per farsi vedere e trovare nuovi clienti. 

So che in molti ti direbbero esattamente il contrario, ma il mio consiglio è di evitare siti web freddi in stile “agenzia” e preferire un taglio spiccatamente personale. Il cliente cerca qualcuno che agisca come un fantasma nel mondo esterno ma che nel privato sia presente in carne, ossa e cuore, vuole avere a che fare con un individuo reale, vivo, e vuole a sua volta essere trattato come una persona, non come un numero tra tanti altri. Diversi clienti mi hanno detto di avermi “scelta” proprio perché il mio sito ‒ asciutto, vetusto, pieno zeppo di imperfezioni e “sbagliato” sotto molti punti di vista (cosa che confermo con una punta di vergogna) ‒ lasciava trasparire non solo la mia scrittura ma anche la mia personalità e le mie esperienze di vita. Il racconto della mia esistenza errabonda ha portato a me moltissimi viaggiatori, così come le mie ricerche “spirituali” hanno fatto planare nella mia casella postale diverse richieste di chi cercava per il proprio libro un’anima affine.

È possibile naturalmente anche bypassare il posizionamento organico e affidarsi alle sponsorizzazioni, purtroppo non ho esperienza diretta in questo campo ma so che alcuni colleghi riescono a ottenere con questa modalità un buon numero di clienti.

Un’altra via è quella dei marketplace, ma anche in questo caso la mia testimonianza personale è banderuola al vento, non avendone mai usufruito, ma quel poco che conosco di queste piattaforme mi fa dire che probabilmente non siano il luogo migliore su cui crearsi una vetrina, considerando le tariffe mediamente basse e i tempi necessari a spiccare in mezzo alla massa generalmente lunghi. 

Molto meglio, a parer mio, sfruttare quella grande risorsa che sono i gruppi social di qualità (vedi il nostro amato gruppo NDI) per farsi conoscere e avere accesso alle opportunità di lavoro, spesso ottime, che offrono. Non disdegnare nemmeno di fare un po’ di sano networking, online e offline, e non importa quanto tu sia orso, perché là fuori ci sono tante creature molto più orse di te che non vedono l’ora di stringere nuove e mirabolanti sinergie umane e professionali. 

Anche l’affiancamento a un ghostwriter con una posizione lavorativa consolidata che possa passare lavori a fronte di una percentuale trattenuta è un’efficace modalità per ampliare il proprio pacchetto clienti.

Confessioni di una penna fantasma errabonda: la mia

Da quel famoso azzardo che anni fa mi condusse tra i meandri evanescenti di questa professione, non ho più smesso di scrivere libri, sebbene nell’ultimo periodo la vita mi abbia portato a rallentare molto. 

Mi occupo esclusivamente di extra fiction, dove mi muovo tra diverse tipologie di libri, scelta che è stata in un certo senso “obbligata” dalla mia precedente esperienza di editor, svolta soprattutto nell’ambito della manualistica e della saggistica. 

I miei clienti sono in gran parte professionisti e imprenditori. Ho scelto di lavorare esclusivamente con esperti del proprio settore così da potere accedere a informazioni “alte” e comprovate, cosa che mi consente di addentrarmi in ambiti anche piuttosto tecnici, come la medicina divulgativa. Tengo invece lontani come la peste gli “esperti” improvvisati, quelli che vogliono scrivere di argomenti che non conoscono al solo scopo di entrare nel business degli ebook ‒ oggi il giardinaggio, domani la mindfulness: non mi interessano, non mi stimolano, non mi nutrono, anzi mi fanno pesantemente girare le scatole. 

Mi piace lavorare molto anche con le persone “comuni”, aggettivo che scrivo tra miliardi di virgolette proprio perché spesso sono tutto tranne che “comuni”. Amo immensamente i progetti che offrono uno sguardo inusuale e lungimirante sul mondo, i messaggi innovativi, le esperienze extra-ordinarie, gli esperimenti, le voci fuori dal coro. Amo misurarmi su tematiche che non conosco, che possano insegnarmi qualcosa di nuovo e aiutarmi nel mio processo evolutivo, umano e professionale. 

Sebbene la mia vera passione resti l’editing, a cui spesso ritorno per darmi sollievo dalla fatica che la scrittura di un libro spesso mi comporta, sarò sempre grata al lavoro di ghost per avermi permesso di raggiungere quello che ho sempre inseguito nella vita: la libertà.

Libertà di decidere a cosa e con chi lavorare, senza essere costretta ad accettare progetti che mi appesantiscono o di collaborare con clienti con cui non mi sento a mio agio. Libertà di tenere per me solo le collaborazioni che davvero voglio seguire e di passare le altre ai miei collaboratori, così da potermi creare, attraverso le percentuali cui accennavo prima, anche una piccola rendita passiva. E soprattutto, grazie alle tariffe dignitose che il settore consente, la libertà di rispettare i miei ritmi, decisamente più lenti rispetto alla media, e ridurre le ore lavorative giornaliere

Il mio obiettivo non è mai stato quello di guadagnare di più per potermi permettere più cose (men che meno materiali), o per raggiungere qualche tipo di riconoscimento esterno. Il mio obiettivo era guadagnare di più per potere lavorare meno e avere a disposizione più tempo libero, per spenderlo con le persone che amo, per viaggiare, per galleggiare nell’acqua, per guardare l’alba senza fretta, per lavorare la terra e giocare con i miei gatti. O per non fare assolutamente nulla, perché nessuno ancora ha saputo mostrarmi gioiello più prezioso dell’otium, di quel grande miracolo che è restare fermi senza fare nulla, concentrati “solo” a osservare, a sentire, a toccare, ad esserci con tutto se stessi. 

E tra mille inciampi, deviazioni e improvvisi cambiamenti di rotta, posso finalmente dire di esserci riuscita. 

Che anche tu possa raggiungere il tuo obiettivo, qualunque esso sia.

Puoi contattare Simona Camporesi tramite il suo sito www.simonacamporesi.it e anche leggere l’intervista che le abbiamo fatto qualche mese fa.

Redazione
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