[Leggi il primo articolo sui cronotipi cliccando qui, e quello sulle 7 tecniche di concentrazione cliccando qui]
Musica sì o musica no?
Sappiamo che la musica può fare un’enorme differenza sulla qualità del lavoro svolto, nel bene e nel male. C’è chi non può farne a meno, chi la trova uno strumento distrattivo e deve abolirla finché non ha terminato, chi la trova d’aiuto in alcune circostanze e non in altre, chi ha una routine lavorativa in cui può incorporarla solo in momenti specifici… ma a parte i gusti personali, delle linee guida esistono?

Cosa dicono gli studi
“La musica può alterare in positivo le nostre performance lavorative?”
In parte sembra di sì.
· Una ricerca di Theresa Lesiuk per la University of Windsor, Canada, condotta per cinque settimane sul posto lavorativo di 56 persone ha dimostrato che l’umore, la qualità del lavoro e la rapidità d’esecuzione miglioravano notevolmente con la musica in sottofondo.
· Una ricerca di Annette M. B. de Groot per la University of Amsterdam ha rilevato che la facoltà di apprendimento dei vocaboli di una lingua straniera incrementa quando si impara con musica rilassante in sottofondo.
· Y. N. Shih, R. H. Huang e H. Y. Chiang, della Fu Jen Catholic University di Taiwan, hanno scoperto che le performance accademiche migliori si hanno ascoltando musica 10 minuti prima di una prova, perché come effetto benefico supplementare si hanno livelli di attenzione più alti rispetto a chi non l’ha ascoltata affatto (i livelli di attenzione, invece, possono essere estremamente variabili se la si ascolta durante la prova, probabilmente perché la musica influenza le persone in modo soggettivo).
“Sì, ok, ma quale musica?”
· Torniamo dai nostri tre studiosi di Taiwan. Due loro altre ricerche dimostrano che la musica, se sprovvista di parole e lasciata riprodurre in sottofondo, apporta benefici concreti sull’attenzione e sulla concentrazione, migliorando le performance lavorative. È vero che il loro campione prevedeva persone tra i 19 e i 28 anni (e dunque le loro ricerche potrebbero risultare valide principalmente per millennials e Gen Z) ma avevano il vantaggio di possedere gusti musicali molto differenziati tra loro, dimostrando comunque una certa coesione interna per quel che riguarda le conclusioni tratte. Nella seconda si è anche visto che la performance veniva alterata dalla musica, ma la positività dei risultati dipendeva in larga parte da quanto chi ascoltava apprezzasse quella musica in particolare. Proprio per questo, qui sotto, ti ho scritto con quali tecniche di Lavorare concentrati l’ascolto di musica si sposi in modo mediocre.
· Si è visto che i rumori bianchi (cioè quelli che non variano nel tempo e nella costanza per periodicità e ampiezza su tutto lo spettro di frequenze – tipo il fruscio statico della tv) aiutino a migliorare la memoria anche di persone autistiche o che soffrono di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (la ricerca parla di bambini perché c’è un’assenza di dati generale per gli adulti neurodivergenti, ma sappiamo che le ricerche sulle neurodivergenze non differiscono in modo significativo a seconda delle fasce d’età).

“Ma la musica può anche danneggiare le nostre performance?”
Eccome!
· Statisticamente le persone introverse si concentrano meno di quelle estroverse se lavorano o studiano con la musica – probabilmente perché, come dimostra Susain Cain in Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare, pubblicato nel 2012, molte di loro devono focalizzare le energie su un singolo compito.
· Difficile lavorare con audio in ASMR in sottofondo (cioè quelle registrazioni atte a favorire il relax attraverso suoni delicati, fruscii, tocchi o movimenti lenti). Almeno per esperienza personale, se il focus dell’ASMR è sulle parole come guida per entrare in un altro mondo e suscitare determinate sensazioni, il rischio di distrarsi è altissimo.
· È stato suggerito da E. A. Christopher e J. T. Shelton, in una ricerca per la University of Tennessee e la Purdue University, che le persone siano “protette” dagli effetti nefasti della musica se hanno una buona memoria di lavoro (cioè il primo immagazzinamento dei dati che la nostra memoria usa, per gestire e manipolare le informazioni di primo acchito), ma che in caso contrario ascoltarne sia stato dannoso per il risultato finale.
Tuttavia, l’ultimo studio qui sopra ha dato al campione compiti matematici e letture con domande di riepilogo per verificare la comprensione del testo. Questo significa che lavorare con la musica sia peggio quando si hanno compiti che devono seguire pensiero lineare, intelligenza logico-analitica e in particolare quella matematica, e metodo sperimentale, e che invece possa essere meno peggio se si lavora su compiti che prevedono pensiero laterale, immaginazione, intelligenza analogica e creatività.
“Qualcos’altro?”
Sì, meno male che è arrivata anche qualche linea guida in più!
· Uno studio molto dettagliato di F. Goltz e M. Sadakata per la University of Amsterdam e il Radboud University Medical Centre di Nijmegen ha analizzato il modo in cui la musica influiva sulle performance di 140 partecipanti. Ha constatato che l’utilizzo della musica incrementava con i compiti che richiedevano lettura e scrittura, mentre calava drasticamente laddove venivano richiesti memorizzazione e pensiero critico. Ha evidenziato che coi compiti più complessi le persone tendevano a smettere di ascoltarla, e che la capacità di mantenere alti i livelli di concentrazione e attenzione dipendeva in larga parte dal temperamento, dalla personalità e dal genere di musica ascoltato (i preferiti erano musica strumentale, classica e priva di voci). La vasta bibliografia presente in questo studio non fa che confermare i dati raccolti.
· Il fatto che le generazioni più giovani siano quelle maggiormente influenzate in senso positivo dalla musica in sottofondo sarebbe confermato anche da quest’altro studio di F. Goltz e M. Sadakata per la University of Amsterdam e il Radboud University Medical Centre di Nijmegen. All’interno s’è visto che le loro prestazioni migliori derivassero anche da una maggiore esposizione alla musica in sottofondo nella vita di tutti i giorni. Il che significa che abituarsi (o NON abituarsi) fin dalla tenera età a farlo (o a NON farlo) ha il suo peso. Lo studio dimostra anche che se il compito da svolgere è più difficile le persone preferiscono non usare la musica in sottofondo (oppure la usano e con scarsi risultati), mentre non vengono negativamente impattate se i compiti sono più leggeri e semplici.

Con quali tecniche si sposa meglio?
· Per ovvi motivi non può minimamente sposarsi col Deep Work illustrato da Cal Newport, che prevede un isolamento completo fino al termine del lavoro.
· Può essere bruttina o neutrale abbinata col Time Batching o le Virtual Coworking Session, visto che la musica scelta dovrebbe adattarsi alle esigenze di chiunque occupi quello spazio, e che sperare di riuscirci sia oltremodo ambizioso.
· Potenziale via libera con tecnica del pomodoro, Flowtime Technique e Timeboxing, basta che sia usata per scandire il tempo e venga riprodotta in modo soffuso.
Con quali cronotipi si sposa meglio?
Ci sei cascato, eh? Tutti e nessuno! Dipende tutto dalla personalità individuale di ogni cronotipo, dal temperamento più estroverso o introverso, dalle circostanze esterne, da come combini ogni tecnica in una ricetta solo tua. Niente da fare, io le soluzioni prêt-à-porter non te le darò mai.
Come mi sono trovata io a usarla
Beh… escluse le volte in cui cantavo a squarciagola andando su e giù per la stanza al posto di lavorare, devo dire che è andata bene. Ma è perché in quelle volte stavo ascoltando musica a tutto volume, con delle parole, piena di variazioni nel tempo e nel ritmo, che mi ha metaforicamente trascinato in un altro mondo. Avevo pure un po’ i livelli di dopamina a terra, quindi il mio corpo voleva quella scarica per riassestarli (ennesimo promemoria sul fare attenzione a come dormi e a ciò che mangi: la via del nomadismo digitale impone autocontrollo).
La musica è stata salvifica per me quando dovevo tenere il tempo del lavoro, magari perché in quel momento stavo seguendo la tecnica del pomodoro o la Flowtime technique, e mi ha dato l’energia motivatrice per tuffarmici e poi nuotare. È stata salvifica quando non aveva un testo, era simile ai rumori bianchi (sono fortunata ad amare le colonne sonore cinematografiche), convogliava mistero e voglia di scoperta e un po’ di inquietudine e fantasia, ma anche tanta quiete meditativa e rilassante, così da non soverchiarmi mai.
Credo che a volte mi abbia anche aiutato a immettere alcune di queste qualità nella scrittura, con effetti portentosi. È stata un’amica quando me la sono organizzata in playlist per ogni occasione, perché mi hanno fatto sentire capace, in grado di ricreare in me le emozioni giuste, rispettando i tempi giusti, essendo madre di me stessa. Piegarla alle proprie esigenze durante i lavori creativi può essere la manna dal cielo.
“E le frequenze binaurali?”, potrebbe chiedersi qualche curioso. Nì, non sempre ho trovato quelle che il mio cervello gradiva. Per intenderci meglio, parliamo di quelle frequenze musicali che stimolando il cervello lo porterebbero in uno stato di apertura e coscienza atti a favorire relax, concentrazione e apprendimento. Impossibile non procedere per tentativi in quest’ambito, soprattutto in uno le cui dinamiche toccano soggettività delle emozioni e gusto personale. Non tutto è scientificamente dimostrabile. E dovresti ricordarlo quando ti avventuri nell’esplorazione di queste opportunità.
Come al solito, c’è una sola cosa che fa la differenza: la consapevolezza.

Ricapitolando
Il successo o l’insuccesso del lavoro con la musica in sottofondo è in larga parte soggettivo e determinato dai gusti, dalle inclinazioni e dalle abitudini. Tuttavia, possiamo stabilire delle tendenze generali:
· È meglio usarla soffusa e quando non ha testi, parole, ed eccessive variazioni di tempo/ritmo.
· Allo stesso scopo è meglio usare i rumori bianchi, che hanno il vantaggio di essere monocordi e poco distrattivi.
· Le generazioni più giovani possono trarne più benefici per via di una maggiore esposizione durante la crescita, che ha influenzato la loro neuroplasticità e le loro abitudini, rendendole più tolleranti o semplicemente meno affette in senso negativo di quelle più grandi.
· Può essere molto indicata quando bisogna svolgere compiti semplici e routinari, cadenzati o divisi in sequenze, anche meccanici e ripetitivi, oppure quando il lavoro prevede immaginazione, creatività, intelligenza analogica e pensiero laterale, perché favoriscono l’ispirazione.
· Può essere terribile quando non si ha una buona memoria di lavoro, i compiti da svolgere sono più complessi, è richiesto l’uso di intelligenza logico-analitica e matematica e pensiero lineare, e si utilizza costantemente la tecnica di concentrazione del Deep Work.
· Allo stesso tempo, può essere addirittura meglio per la concentrazione se la si ascolta dieci minuti prima di una prova da sostenere, mentre i benefici possono essere estremamente variabili se la si ascolta durante la prova (a seconda di quanto risulti gradevole alle orecchie di chi vi è esposto).
· Sappiamo che chi deve concentrarsi in modo fisso su un unico compito da svolgere per farlo bene può stare peggio di chi ha bisogno di pause costanti e di spaziare un po’ (in queste variabili possono entrarci anche introversione ed estroversione, l’essere neurotipici o neurodivergenti e generalmente parlando il modo di gestire ansia e stress).
· La memoria di lavoro può essere inficiata o migliorata dalla musica in sottofondo a seconda del temperamento e di quanto fosse buona in partenza (anche se alcuni studi la definiscono “protetta” dall’impatto con la musica).
Conclusioni: eccoti un bonus!
Arrivati a questo punto c’è chi mi direbbe “Sì, ok, tutto molto giusto, ma quindi devo solo aprire YouTube o Spotify e cercare roba, sperando che le pubblicità non mi secchino troppo?”
Se vuoi sì, io mi ci trovo ancora abbastanza bene… ma se non vuoi ci sono sempre le alternative.
· Spotalike e Magicplaylist partono da Spotify e organizzano playlist basandosi su una sola canzone.
· Dubolt fa la stessa cosa, partendo sempre da Spotify, ma sulla base di un solo artista.
· Gnoosic fa conoscere artisti e canzoni nuove dopo un brevissimo questionario.
· Music-map propone una mappatura di artisti simili a quelli che indichi nelle tue preferenze.
· Boilthefrog permette di indicare i nomi di due artisti e li unisce in una playlist.
· Predominant suggerisce album basandosi sui colori delle copertine e sulle sensazioni che evocano.
Posso assicurarti, avendo svolto delle ricerche lì sopra, che ognuni di questi strumenti è utile anche per le musiche senza testi.
Per i rumori bianchi, invece, ho sentito parlare benissimo di Noisli di Stefano Merlo, tanto che funziona non solo per mantenere la concentrazione ma anche per far addormentare i neonati. Non ho ancora avuto il piacere di esplorarlo, ma ammetto di volerlo fare il prima possibile.
Comunque ti consiglio di non sottovalutare mai la pura e semplice RadioTunes. Cerca che ti ricerca qualcosa verrà fuori!
Adesso però torna alla tua vita: sta suonando la campanella!