[Leggi il primo articolo sui cronotipi cliccando qui, quello sulle 7 tecniche di concentrazione cliccando qui, e quello sul ruolo della musica cliccando qui]
1. L’ora sacra

L’ora sacra (detta anche ora della potenza) è solo uno dei tanti modi in cui autori come Robin Sharma e Tony Robbins hanno definito lo stesso concetto all’interno dei loro libri e programmi di cambiamento: vale a dire ritagliarsi un’ora, all’interno della propria routine mattutina, per compiere delle azioni rigeneranti, motivatrici e in grado di stimolare il benessere necessario a partire col piede giusto.
Altolà, prima di mollare questo articolo al grido di “Oh, no, eccone un’altra che vuole propormi una presunta formula magica inapplicabile alla mia situazione!” lasciami finire – e magari recuperati pure i miei articoli precedenti, in cui spiego il perché non ti darò mai pappe pronte o formule magiche.
Come giustamente fa notare Andrea Giuliodori nel libro Riconquista il tuo tempo. Vinci le distrazioni. Riprendi il controllo delle tue giornate. Cambia la tua vita (Edizioni Bur, 2018), non occorre provare le centinaia di routine mattutine proposte da para-guru ed espertoni vari. Io per esempio ho provato delle variazioni della routine di Sorelle Amore, YouTuber imprenditrice ed ex nomade digitale e travel blogger, e ne ho tratto pure dei benefici, ma dopo un po’ l’ho mollata per seguire ciò che era più vicino alla mia realtà e alle mie esigenze del momento.
Ciò che conta è che qualunque routine tu possa aver sviluppato, o qualunque routine mattutina ti vada di provare (quella di Sorelle? Tony? Vedi tu, di esempi ne trovi a valanghe!), ci siano questi ingredienti fondamentali:
1. Svegliarsi a un orario tale da poter fare tutto con tranquillità. Vuoi mettere un’ora sacra rispetto a un’ora blasfema, in cui imprechi e bestemmi in lingue note o ignote perché per dormire un po’ di più hai dovuto fare tutto di fretta e stressandoti?
2. Fare 15-20 minuti di esercizio fisico. Muovere i muscoli significa svegliarsi davvero. Anche quando, come in questo caso, non c’è bisogno di alcun allenamento pesante!
3. Formarsi inserendo 15-20 minuti di attività dedicate. Io mi trovo molto bene con le lezioni su Duolingo, un post di una pagina Instagram di una psicoterapeuta che seguo e qualche pagina di un manuale, ma tu potresti benissimo ascoltare un podcast su un argomento che vuoi imparare, guardare un tutorial su YouTube o una videolezione di un webinar che stai seguendo.
4. Fermarsi a fare 15-20 minuti di mindfulness, meditazione, journaling o qualunque altra cosa consenta, in base alle proprie abitudini e preferenze, di tornare in contatto col presente e trarne spunti di riflessione per la propria giornata (o della propria vita). Del resto, non siamo solo corpo e mente, ma anche spirito.
La sequenza “Svegliati – Muoviti – Formati – Fermati” è esattamente quella che Andrea illustra nel libro di cui sopra. Detto questo, se metti insieme tutti i minuti che ho scritto, anche arrotondandoli per eccesso, noterai che ne restano fuori almeno 20 rispetto a un’ora completa. Non so quanto tempo ci metta tu a svegliarti e neppure è molto rilevante. E, alla luce della velocità diversa di ogni cronotipo con relative esigenze specifiche, e dei ritmi differenti di ogni essere umano, il lasso di tempo che ti servirà per questi punti potrebbe non essere nemmeno di un’ora esatta. Ciò che conta è che lo noti: non solo il fermarsi, ma gli stessi momenti di vuoto tra un’attività e l’altra sono cruciali per la salute mentale. E questa sequenza li prevede.
Benefici
Riduce in modo drastico la fatica decisionale (decision fatigue), vale a dire lo sfinimento mentale che deriva dal dover prendere troppe decisioni in una volta, scaricandosi energeticamente e trovandosi davanti a un bivio per cui o si prendono decisioni impulsive e irrazionali o ci si blocca. Aiuta a distinguere cose urgenti e cose importanti, per la gioia nostra e di Cal Newport, per chi usa o vuole usare il metodo del Deep Work (vedi il secondo articolo della serie). Offre gratificazione immediata, e con essa un’impennata di carica energetica e motivazionale. È combinabile con un sacco di routine mattutine e non entra neppure in conflitto con i consigli per il proprio cronotipo, data l’estrema adattabilità delle pratiche.
Critiche mosse
Come fa notare sempre Andrea, avere una precisa routine mattutina genera delle resistenze in parecchie persone. Questo non l’ho detto quando ho illustrato i cronotipi, perché mentre lì adeguarsi alla routine giornaliera proposta da Michael Breus era opzionale, tra tutti i miei “dovrebbero” e “potrebbero”, qui stiamo parlando di roba molto più assimilabile a un must per stare meglio.
C’è chi, al minimo accenno di regole, si sente ingabbiare da schematismi soffocanti, direi dittatoriali, e rivendica la propria libertà di compiere scelte diverse, magari anche di poco conto, al solo scopo di percepire una parvenza di autonomia, di margine d’azione in più.
Il libro rimarca comunque il fatto che, dittatura oppure no, la fatica decisionale sia profonda e reale, e che il rischio del non decidere troppe variabili alla mattina porta concretamente a bloccarsi o commettere degli azzardi per le scelte più importanti. Tipo il progettare i prossimi cinque anni o rivoluzionare la propria carriera giorno dopo giorno, per intenderci.
Perciò, se l’ago della bilancia deve pendere da una parte, è abbastanza ovvio che la perdita peggiore sarà il tempo sprecato, la nebbia mentale, la sensazione di non farcela a gestire tutto, l’allontanarsi dalla vita di cui si ha bisogno e che si desidera, e non certo la perdita di svegliarsi e fare scrolling sui social media per un paio d’ore o sonnecchiare finché non manca un quarto d’ora all’inizio del lavoro.
E anche se io non sono altrettanto “inquadrata” di Andrea, e a vario titolo posso non solo comprendere ma pure dare del credito alla sperimentazione… se tu fai parte di quella cerchia che guarda con sospetto l’idea di introdurre questo cambiamento nelle routine mattutina, lascia che ti faccia una domanda. Finora sta funzionando? O senti che a lasciare tutto com’è rischi di arenarti?
Forse, se mi stai leggendo, qualche spunto in più già lo cerchi, e magari io te lo posso dare. In ogni caso non potrai mai sapere se sia vero o se sia falso senza provare. All’atto pratico non ci perdi granché: se l’ora sacra non funziona avrai imparato o ti verrà confermato che sei al di sopra delle regole che valgono per la maggioranza. Se funziona, invece, ci avrai guadagnato in concentrazione, tenacità, sicurezza ed energia, per arrivare più vicino alla vita lavorativa che vuoi.
Può essere più adatta a:
Tutti i cronotipi.
Può essere meno adatta a:
No, nulla, se gestita bene non ci sono intoppi. Anche con tutte le variabili del caso (famiglia, orari d’ufficio ecc. ecc.) ci si può organizzare per incorporare l’ora sacra nella routine mattutina.
Come mi sono trovata io a usarla
Come per la tecnica del pomodoro, ci ho guadagnato moltissimo. Non ho mai avuto dubbi su quello che dovevo fare la mattina anche quando ho sperimentato variazioni. Ho dato uno strappo secco all’indecisione e ho agito, rendendomi conto di aver bisogno di molto meno tempo per ingranare di quello che la mia ansia da prestazione mi suggeriva. Ho risolto cose che avrei voluto fare lo stesso nel resto della giornata, ho dato loro un ordine e mi sono servita di quest’impennata di dopamina, adrenalina e al contempo di acetilcolina per essere centrata, per ricordarmi di che cosa ero capace. E ci ha guadagnato anche la mia disciplina: se è vero che servono 60 giorni per creare un’abitudine, un passo alla volta le ho cementate, e quello che prima mi sembrava fuori dalla mia comfort zone è diventato normale.
2. La regola del minuto

Hai presente quando sopra ho scritto “ho dato uno strappo secco all’indecisione e ho agito”?
Beh, c’è gente che si blocca perché non solo non s’è organizzata in sequenza i doveri della giornata attorno al lavoro, ma se ne sente pure sopraffatta per quanto li trova difficili. Per non parlare poi di quando oltre a essi bisogna ingranare pure con delle cose nuove.
Ed è qui che entra in scena un supereroe giapponese contro la procrastinazione e lo stallo: la regola del minuto, anche detta metodo Kaizen.
Secondo la regola del minuto ogni qualvolta si vuole introdurre un cambiamento positivo nella propria vita bisogna provarci per un minuto. Lasciare tutto quello che si stava facendo nel frattempo, dedicarsi all’attività preposta per 60 secondi, e poi tornare come se nulla fosse alla procrastinazione precedente.
E quando invece il problema è trovare la forza per cominciare compiti già noti? Stesso principio: si molla ciò che si stava facendo prima per 60 secondi, pensando che tanto se va male sono solo 60 secondi… e di solito si riesce a partire.
Nel caso del dover cominciare attività nuove, quando il minuto è ormai sedimentato nella routine e lo si fa senza problemi, si può salire a due, cinque, dieci, venti… coi propri tempi e nel proprio modo, finché non sembrerà più tanto arduo da paralizzare.
Parla dello spostare la propria zona di comfort sempre un po’ più in là. Parla di miglioramento personale alla portata di chiunque. E parla del mandare la propria vita nella direzione che si vuole, senza sforzi sovrumani, ma con una semplicità disarmante, vincente e rivoluzionaria.
Benefici
Essendo un lasso di tempo brevissimo, chiunque può cimentarsi e beneficiare del sentirsi capace e in controllo. E magari accorgersi che ci voleva molto meno del previsto per cominciare a cambiare o smaltire qualche dovere in più (in questo è simile alla tecnica del pomodoro e alla Flowtime Technique). Si comprende anche quanto la disciplina non sia un blocco monolitico simile a una montagna da scalare, ma una strada da costruirsi giorno dopo giorno, un passo alla volta. E così fa molta meno paura.Inoltre, è versatile perché la si può applicare in ogni ambito e campo. Basta, letteralmente, aver bisogno di compiere una qualunque azione.
Critiche mosse
Ho trovato critiche al metodo Kaizen in senso più ampio, all’interno di precise e particolareggiate strategie aziendali, ma nulla che si riferisse all’introdurre un cambiamento per 60 secondi nella propria quotidianità. Su questo vai senza problemi: funziona e ce la puoi fare.
Può essere più adatta a:
Tutti i cronotipi.
Può essere meno adatta a:
Chi è un marziano.
Come mi sono trovata io a usarla:
Allo stesso modo di quando ho provato con l’ora della potenza… ma con la soggettiva variabile del sentirmi figa perché avevo incorporato qualcosa di nipponico nella mia vita, e per me il Giappone è sempre stato il non plus ultra di marzialità e autodisciplina.
3. L’esercizio “svuota-mente”

Detto anche Brain Dump, fa parte di una tecnica di David Allen, l’autore del famoso metodo Detto, fatto!, e serve a eliminare tutti gli anelli aperti (open loops, ne parleremo meglio nel prossimo articolo) che impediscono di concentrarsi su un’attività sola. Chiamiamola una bella pulizia di neuroni, ma senza pagare il medico.
L’esercizio consiste nel mettere in cima a tre fogli di carta una di queste parole: “DEVO”, “PENSO” e “VOGLIO”.
- In “DEVO” metterai tutti quei compiti, progetti e impegni che vanno assolutamente completati, incluse le scadenze.
- In “VOGLIO” scriverai tutti quei progetti che ancora non ti sei impegnato a concretizzare veramente.
- In “PENSO” andranno tutte le cose che ti preoccupano, dovrai realizzare a lunghissimo termine o comunque ti affollano la mente, ma che non rientrano in “VOGLIO” e “DEVO”.
Qualche raccomandazione per l’esercizio:
· Scrivi di getto, lo scopo è liberarti del caos interiore tirandolo fuori, non dare vita a un capolavoro letterario super preciso e ordinato.
· Dev’essere fatto su carta e lentamente. A video non funzionerebbe allo stesso modo, perché devi avere il tempo di soffermarti a riflettere su ciò che stai scrivendo.
· Impara a prendere consapevolezza dei “doveri percepiti”. Non tutto rientra nei “DEVO”, a maggior ragione se sono il “voler” contattare delle persone care o recuperare qualche film arretrato, per il “pensiero” che non facendolo saresti un misantropo odioso o un ignorante di cinematografia.
· Quando non sai in quale foglio rientrino certe cose, spacchettale in microprogetti. Esempio: laurearti non è un “dovere”, è un “volere”, magari per il “pensiero” che senza laurea deluderesti la famiglia o non avresti accesso a delle carriere ben pagate o il tuo bagaglio culturale e umano sarebbe troppo povero. Ciò che può essere un “dovere”, piegato sempre al “volerti” laureare, è preparare determinati esami in tempo.
Benefici
In comune col journaling ha quello di incrementare la chiarezza mentale. Farlo su carta anziché a video incrementa la memoria e la concentrazione. E già solo il fatto di scrivere a mano le proprie emozioni negative porta a una grandissima liberazione dallo stress e maggiore consapevolezza.
Critiche mosse
Su questo esercizio in particolare non ho mai trovato nulla di direttamente critico. Su tutto il metodo di David Allen, invece, persino Andrea Giuliodori ha ammesso che fosse datato, e che l’esercizio “svuota-mente” fosse l’unica cosa che valesse la pena mantenere. Se ti interessa puoi cercare notizie su Detto, fatto! in generale, ma al fine di non appesantirti non metto altro qui.
Può essere più adatta a:
Tutti i cronotipi.
Può essere meno adatta a:
Le stesse persone che ho citato illustrando metodo Kaizen e ora della potenza. Banalmente, non c’è quotidianità che non abbia bisogno di incorporare il fermarsi a riflettere e il prendersi cura della propria salute mentale.
Come mi sono trovata io a usarla
Talmente bene che l’ho incorporata nel mio journaling. Ammetto di farla una volta ogni tre-quattro mesi, e di non incrementarla neppure quando mi accorgo che non riesco a restare al passo coi miei doveri, perché (non voglio mentire) mi richiede parecchio tempo e parecchia introspezione. Se mantengo la mia predisposizione alla riflessione nella vita quotidiana e uso altri esercizi di journaling (flusso di coscienza, matrice di Einsenhower, rispetto del mio cronotipo) generalmente non ne ho bisogno prima di una controllatina ogni quattro mesi, perciò non mi lamento.
4. La routine serale secondo il metodo Ikigai

Ho sentito parlare per la prima volta dell’Ikigai come stile di vita facendo delle ricerche personali a partire dal famoso schema Ikigai che girava sui social qualche anno fa. È stato allora che ho scoperto che fosse anche uno stile di vita praticato da un pezzo nelle isole di Okinawa.
La risposta definitiva l’ho avuta imbattendomi in Ikigai: The Japanese secret to a long and happy life di Héctor García e Francesc Miralles (che in Italia è stato tradotto da Francesca Pè e pubblicato dalle Edizioni Bur nel 2019 col titolo di Il metodo Ikigai. I segreti della filosofia giapponese per una vita lunga e felice).
In modo succinto posso dirti che è un manuale che spiega benissimo come mai, a Ogimi in particolare ma di fatto in tutto l’arcipelago, le persone riescono a essere tra le più longeve e serene del mondo: seguono una routine in cui missione, vocazione, passione e professione convergono e danno loro una ragione inattaccabile per alzarsi al mattino. E ci riescono in mille modi che il libro spiega nel dettaglio.
Quello su cui mi voglio soffermare, per darti delle coordinate in più e non tradire lo scopo dei miei articoli, è il modo in cui si organizzano la routine serale.
· Come abbiamo già visto, 2-3 ore prima di andare a dormire sarebbe consigliato ridurre gli schermi luminosi, soprattutto quelli molto vicini (tablet, smartphone e computer).
· Smetterla col caffè almeno 10 ore prima di coricarsi.
· Cenare almeno tre ore prima di dormire e non mangiare più nulla fino al momento di coricarsi.
· Creare una routine che accompagni fino al sonno in modo naturale. In Giappone è tradizionale fare un bagno caldo ofuro, preceduto da una doccia calda e usando sali da sciogliere nella vasca.
· Usciti dall’ofuro bisognerebbe fare stretching per due minuti.
· Alcune ore prima del sonno anche l’illuminazione della stanza andrà ridotta, resa più soffusa (io personalmente amo le candele, ma fa’ tu).
· Prima di coricarsi ringraziare per la giornata appena trascorsa (qui hai campo libero: diario della gratitudine, ripercorrere la giornata a ritroso per vedere se s’è manifestato il tuo daimon come faceva Marco Aurelio, guardarti allo specchio e dirti che sei un figone con una vita fantastica per XYZ motivi… tanto, finché non dici “Candyman” cinque volte, nulla di male si verificherà).
· Se arriva l’insonnia provare a respirare profondamente di diaframma contando ogni inspirazione ed espirazione fino a cento.
Secondo il succitato libro, anche l’Associazione giapponese per la salute nervosa lo raccomanda.
Benefici
Nessuno: è una bugia che mi serve per guadagnare milioni di dollari sulla pelle dei boccaloni! Scherzo. Tutti quelli che comportano il rispetto dei ritmi circardiani, che se hai letto il mio primo articolo saprai quanto siano cruciali per il mantenimento del nostro benessere. Per di più, sembra che la routine serale del metodo Ikigai faccia produrre molta più melatonina di altre, ma per saperne di più ti rimando al libro citato prima.
Critiche mosse
Il metodo Ikigai di per sé è sempre stato oggetto di dibattito, come potrai vedere con delle ricerche approfondite in merito. Il che è particolarmente vero quando viene scambiato per una ricettina miracolosa per la felicità o quando si cerca di trapiantare in Occidente un modo di relazionarsi e di intendere la comunità che invece è tipico del Giappone. Tuttavia, generalmente ottiene molti consensi anche in ambito medico, perché affonda le radici in assunti e concetti universalmente riconosciuti come salutari, e perché i benefici che dà soprattutto in termini di longevità sono comprovati!
Ma tornando alla routine serale del metodo Ikigai, noterai che aggregando ricerche né su PubMed né su Google Scholar ti comparirà nulla di nulla che la demolisca. Vai senza problemi anche in questo caso.
Può essere più adatta a:
Anche qui, tutti i cronotipi ma con delle variazioni. Quando si sta arrivando verso il finale si ripensa all’inizio, no? Quindi ti ricordo in cosa variano i cronotipi la sera:
· Gli Orsi dovrebbero resistere alla fame, idealmente cenare alle 20:00 e passare le successive tre ore ad abituare il corpo al riposo in modo graduale, riposo che per loro tende a essere profondo e indisturbato.
· I Lupi invece tra le 20:00 e le 23:00 raggiungono il picco massimo della produttività, per questo sarebbe il caso che svolgessero compiti che li facciano sentire capaci e che vadano via via a scemare nella complessità, in modo da abituare anche loro il corpo al sonno. Ma dalle 23:00 a mezzanotte basta schermi luminosi anche per loro, così raggiungono anche loro la Power Down Hour di cui parla Michael Breus.
· I Delfini dalle 19:00 alle 20:00 dovrebbero cenare e poi fare attività con le persone care, meditative, rilassanti, per controbilanciare i livelli di energia che tendono proprio dopo cena a schizzare alle stelle. Peraltro, dalle 22:30 alle 23:30 a loro conviene eliminare gli schermi luminosi, e dalle 23:00 mettersi nel letto.
· I Leoni hanno il problema opposto: la stanchezza li coglie presto, dunque il problema per loro è paradossalmente riuscire ad aspettare 2-3 ore prima di dormire.
Quindi, che fare per chi vuole incorporare la routine serale del metodo Ikigai nella propria quotidianità, tenendo conto del proprio cronotipo? Semplicemente, variare le ore in cui farlo in base al cronotipo.
· Gli Orsi possono provarci entro le 23:00.
· I Lupi dalle 23:00 a mezzanotte, posto che prima abbiano “lavorato” bene per riuscire a non fare le ore piccole.
· I Delfini dalle 22:30 a mezzanotte, standosene nel letto a ringraziare per la giornata appena trascorsa dalle 23:00.
· I Leoni, praticamente, quando gli pare dopo cena, addirittura dalle 21:30.
Cito senza indugio anche i benefici per chi soffre di disturbo da deficit di attenzione e iperattività e altre persone neurodivergenti, visto che significa abbassare i livelli di energia, soprattutto energia nervosa, con una gradualità dalla quale si può trarre solo giovamento.
Può essere meno adatta a:
Banalmente, chiunque non sia abbastanza motivato a ritagliarsi almeno un’ora in cui provarci. È vero che in questo articolo ci stiamo concentrando su massimi sistemi validi per chiunque, in modo da facilitare la concentrazione sul lavoro che poi si andrà a fare, ma… c’è un ma. Nessuna routine dev’essere una forzatura, o trattata come una formula magica per evitare di risolvere altri problemi. Neppure una potenzialmente ottima come quella del metodo Ikigai.
Come mi sono trovata io a usarla
Beh, da Orso-Delfino ha funzionato alla grande. Mi ha fatto andare a dormire più volte alla stessa ora, ricordandomi meglio dei sogni che facevo e ragionandoci il giorno dopo come mi piace fare. Mi ha fatto consolidare delle buone abitudini, laddove non sempre ci sono riuscita. Mi ha reso orgogliosa di me stessa, perché è stata una routine serale che, presa seriamente e con costanza, a me ha dato risultati tangibili. Sarà che sono una persona riflessiva e introspettiva, quindi forse ero più propensa a incorporare una routine del genere all’interno della mia quotidianità. Comunque il bilancio è stato più che positivo… le volte in cui sono riuscita ad applicarla.
A parte il problema logistico del non avere sempre accesso a una vasca da bagno – anzi, diciamo pure quasi mai – e dover fare qualche variazione, io qualche volta ho bisogno di buttare tutto per aria per trovare una routine sostenibile. Per il mio benessere ogni routine che cerco di implementare va presa come una serie di linee guida imprescindibili per lasciarmi campo libero. Campo libero alla sperimentazione, all’integrazione, alla fusione di certe caratteristiche di vari metodi per trovare il mio.
Ogni percorso per crearmi una vita dalla quale io non voglia scappare è una trasmutazione alchemica, provvista di un margine per recuperare dopo le attività che non sono riuscita a fare in determinati orari. Così tengo la porta aperta al farmi sorprendere dalla vita, senza perdere la bussola. Ma questo lo so proprio perché ci ho provato e ormai mi conosco. Quindi, a maggior ragione non posso che raccomandarla.
5. Conclusioni… e un bonus
Non negherò che sia duro mettere a posto la propria vita quotidiana, e ancor di più mantenere delle abitudini salutari. Ci vogliono ben più di sessanta giorni a crearle, questo dice la mia esperienza.
Ma ciò che per me ha sempre fatto la differenza è stato ricordarmi il perché lo dovevo fare. Perché certe cose ai miei occhi avessero un valore, dove volessi andare a parare, cosa volessi realizzare, e usarlo per stabilire delle linee guida. A quel punto, creare delle strategie fatte di tecniche funzionali a mantenere la concentrazione sul lavoro non è stato diverso dall’avere una rete su cui fare tutte le acrobazie che volevo senza il rischio di spiaccicarmi.
Ho fatto pace anche con le regole, rendendole elastiche ma imprescindibili. E al contempo mi sono creata una vision, una mission e un goal interiori, per non perdere mai la bussola qualunque direzione avessi scelto.
Spero funzioni anche per te. E per farlo funzionare ancora meglio, prima di salutarci ti lascio il link alla matrice di Einsenhower spiegata alla perfezione. Vediamo se faticherai ancora a distinguere cose urgenti e cose importanti sul lavoro, specialmente in gruppo, o se sistemiamo pure questa.