Christian Campoli: backend developer

Facciamola semplice! Nell’accezione più bella del termine, ovvio.

Perché la più grande avventura che potrebbe capitarci magari si nasconde proprio a due passi dalla pensilina del bus sotto casa. Quella di oggi è una storia che fa della semplicità il suo dono più grande, il segreto dietro alla capacità di godersi questo viaggio verso la libertà.

Come potrebbe iniziare un racconto di questo tipo se non con il gesto più naturale possibile? Tirare fuori le mani dal taschino e trovarsi un biglietto del bus. Domandati: lo timbrerai o finirà, nel peggiore dei casi, a fare da segnalibro?

La risposta che ci dà Christian, il nostro nomade intervistato, è la più potente ed immediata: “ho solo dovuto decidere”. Semplice, no? Non a caso ne ha fatto il cuore pulsante della sua attività lavorativa: per lui non esistono problemi, solamente soluzioni.
Christian Campoli: developer e nomade digitale

1. Christian, in due parole: chi sei? Dove ti trovi attualmente e in cosa consiste la tua attività di nomade digitale?

Backend developer e consulente per le aziende, sviluppo software personalizzati e aiuto le aziende ad ottimizzare e migliorare il loro flusso di lavoro tramite la digitalizzazione e automazione dei vari flussi.

2. Cosa ti ha spinto a diventare nomade digitale e qual è il percorso che ti ha portato fin qui?

Dopo le superiori ho iniziato subito a lavorare in una piccola web agency del mio paese natale, un buco (piovoso) di 40 mila abitanti a ridosso delle alpi chiamato Biella in cui sono nato e cresciuto come sviluppatore.

Nel 2015 mi convincono a partecipare a StartupBus, un evento europeo dove selezionavano in tutta italia 25 tra sviluppatori, designer e marketer. A gran sorpresa vengo selezionato tra questi e in un attimo mi trovo catapultato nell’esperienza che mi ha totalmente cambiato la vita: 25 persone, 5 team, una startup per team da sviluppare mentre si viaggia attraverso l’europa. 

Rientrato in italia decido di licenziarmi e cercare un posto che mi stimoli di più professionalmente così inizio a lavorare per una software house di Milano che collabora con grandi brand, ma ancora non mi sento al mio posto. Durante il periodo a Milano metto mano ad un progetto di una startup chiamata Fannabee di cui mi innamoro. Così, un anno dopo decido di mettermi in proprio e lavorare solo per questa startup che, a malincuore, mi tocca accantonare come progetto perché nel giro dell’anno seguente non riesce a fare il passo successivo. 

Inizio quindi a lavorare effettivamente in proprio collaborando con un’azienda americana e trovando dei clienti miei: è qui che capisco quanto mi piaccia risolvere i problemi e semplificare la vita alle persone, così mi focalizzo principalmente su questo.  Dopo un po’ di tempo che lavori a casa, da solo, ti accorgi che comunque non è tutto solamente bello e allora inizio a muovermi un po’ qua un po’ là, prima in Italia e poi alle Canarie, luogo che al momento sento di chiamare casa.

3. Qual è stato l’ostacolo maggiore che hai dovuto affrontare e come lo hai superato?

Citando Jack Sparrow “il problema non è il problema, il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema”. Ormai fa parte della mia filosofia nella vita: non ci sono problemi ma solo soluzioni. Alla fine quindi l’ostacolo ero io stesso, ho solo dovuto decidere.

4. Elenca tre pro e tre contro dell’essere nomade digitale. 

PRO:

  1. lavorare quando meglio credo;
  2. improbabili progetti che possono nascere per pura casualità con gente incontrata davanti a una birra;
  3. conoscere e imparare dalle persone e i luoghi incontrati lungo il cammino.

CONTRO:

  1. distanza da amici e familiari;
  2. facilità di distrarsi quando si deve lavorare;
  3. la gente che ti dice continuamente “che culo che sei lì”, ma è stata una scelta di vita.

Vorrei aggiungere un punto bonus che considero sia pro che contro: quello di uscire dalla propria comfort zone.

5. Cosa significa per te essere nomade digitale? Qual è il tuo stile di vita, la filosofia esistenziale che ti accompagna nel tuo nomadismo? 

La miglior scelta della mia vita è stata quella di lasciare il posto fisso, scelta difficile, ma spinto da una persona magnifica che ha creduto tanto in me e mi ha dato la forza di farlo. Quindi per me essere nomade digitale vuol dire aver raggiunto una miglior consapevolezza di me stesso.

Il mio mantra è sempre stato quello di fare ciò che ci rende felici, ad esempio quando ho concluso gli studi sarei potuto andare a lavorare nel tessile, data la mia zona, ma non era  quello che volevo e mi son preso del tempo per cercare quello che invece mi piaceva. Eccoci qui insomma.

Christian Campoli: developer e nomade digitale

6. Pensi che l’essere nomade digitale possa avere un’influenza sulla nostra società?

Il lavoro occupa la maggior parte della nostra giornata e della nostra vita perciò deve essere una cosa che ami fare. Spesso mi dicono che quando parlo di quello che faccio si vede proprio che per me è una passione e riesco a trasmetterla, quindi credo che un po’ si possa influenzare la società.

7. Qual è il consiglio più prezioso che daresti a chi vuole intraprendere la tua strada o professione?

Non c’è fallire senza provare e nel fallire c’è solo da imparare.

8. Tre città o luoghi che un nomade digitale dovrebbe vedere almeno una volta nella vita e perché.

Vai dove ti porta il cuore, che sia una metropoli o un villaggio di pescatori in un paese remoto del globo e fermati dove senti di poter chiamare quel posto casa.

9. Se la tua vita fosse un messaggio che dai al mondo, che messaggio sarebbe?

Citando Il Re Scorpione, questa volta, “vivi libero e muori da eroe”. Insomma, affronta le tue paure in modo da non avere rimpianti quando ti guarderai indietro e allora morirai da eroe.

10. Sei felice?

Che te lo dico a fare!?

Christian Campoli: developer e nomade digitale

👨🏻‍💻 Visita il sito web di Christian: www.campoli.me
📩 Oppure puoi contattarlo inviando una mail a christian@campoli.me
👋🏻 E, se ti va, chiedigli il collegamento su LinkedIn!

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Redazione
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