Simona Camporesi: editor e ghostwriter freelance

Il bello di alcune parole è che potremmo anche non leggerle, loro hanno un potere più forte. Suonano, pur sembrando silenziose.

E non è difficile immaginarselo se a scriverle è Simona Camporesi, che da Editor e Ghostwriter le parole sa bene come appoggiarle con delicatezza al posto loro. “Posto loro”, parola buffa da avvicinare ad una fra i membri storici dei Nomadi Digitali Italiani, non ti pare?

E qui scrive chi questa intervista l’ha riletta decine di volte, arrivando a sfiorare le virgole per capirne i pensieri celati dietro. Io che sono qui a scrivere soltanto una breve introduzione alle risposte di Simona vorrei poter premere play, play alle sue parole. Lasciare che la lettura ci inviti a “planare leggeri sulla vita”, accettare il nostro io e pure il me medesimo, qualsiasi ciuffo ribelle cresca.

Più le rileggo e più suonano in un assolo di umanità che mi fa pensare: questo nomadismo digitale è forse la risposta a quegli ultimi versi di Waters? Perché non accada mai più che:

"... the child is grown
the dream is gone
I have become comfortably numb."
Simona Camporesi: ghostwriter e editor freelance

1. In due parole: chi sei? Dove ti trovi attualmente e in cosa consiste la tua attività di nomade digitale?

Sono un esserino di 48 chili in cerca del proprio posto nel mondo, che si guadagna la vita come Editor, Ghostwriter freelance e aspirante contadina. 

Mi trovo a El Hierro, una piccola isola dell’arcipelago Canario che da quasi un anno è diventata la base dei miei esperimenti di vita agreste e sedentaria.

2. Cosa ti ha spinto a diventare nomade digitale e qual è il percorso che ti ha portato fin qui?

Sono state principalmente tre cose a spingermi a intraprendere questa vita: 

  1. l’amore per il viaggio e la curiosità per la diversità;
  2. l’incapacità di stare dentro un ufficio;
  3. l’odio viscerale per il freddo umido della pianura romagnola d’inverno.

Il mio è un percorso fatto di strappi, sensazioni di trovarmi fuori posto e tentativi dolorosi di incastrarmi in uno stile di vita che non ho mai compreso, figuriamoci sentito mio.

Per tre volte mi sono licenziata e sono partita in cerca di quel famigerato posto nel mondo. Quando ho compiuto 38 anni ho finalmente accettato l’evidenza: mosca bianca ero e mosca bianca sarei rimasta; disagiata per disagiata, tanto valeva provare a costruirmi una vita più in linea con me prima che fosse troppo tardi. 

Un giorno ho letto un articolo che parlava di questi esseri bizzarri chiamati nomadi digitali che lavoravano spostandosi per il mondo, e del loro principale hub: Chiang Mai, la città thailandese che avevo visitato diverse volte e amavo alla follia. L’articolo portava la firma di un certo Jonathan Pochini, non avevo idea di chi fosse ma l’ho contattato immediatamente. 

Da quel momento la macchina si è messa in moto, nel giro di pochi mesi mi sono licenziata e sono partita con un biglietto di sola andata per la Thailandia. Io, una flebile promessa di sei mesi di collaborazione con la casa editrice da cui mi ero appena licenziata, e la sensazione che tutto, in qualche modo, sarebbe andato per il verso giusto

Simona Camporesi: nomade digitale e ghostwriter freelance

3. Qual è stato l’ostacolo maggiore che hai dovuto affrontare e come lo hai superato?

Dopo quei sei mesi assicurati, la collaborazione con la casa editrice è terminata e io mi sono ritrovata senza lavoro. Di tornare indietro però non se ne parlava, quella vita ormai mi era entrata troppo sottopelle per pensare di rinunciarvi, anche se non avevo la più pallida idea di come costruirmi una professione online. 

L’Universo però ci invia sempre qualche angelo custode per aiutarci nei momenti bui: il mio parlava italiano e si chiamava, guarda caso, come il tizio dell’articolo da cui era partito tutto. È stato lui a passarmi i primi clienti come Web Writer, lui a spingermi a studiare SEO Copywriting e a convincermi che valeva la pena investire tempo ed energie nella costruzione di un sito personale. Lui, a ridarmi fiducia in me stessa. 

4. Elenca tre pro e tre contro dell’essere nomade digitale. 

I contro principali di questo stile di vita li riassumo in tre punti:

  • la mancanza di certezze, in senso lato;
  • una certa precarietà lavorativa;
  • la difficoltà a dare vita a relazioni stabili, in amore e amicizia, con parentesi di solitudine che possono non essere semplici da gestire, soprattutto agli inizi. 

I pro di questo stile di vita sono gli stessi di cui sopra. Se approcciati in modo diverso, infatti, possono trasformarsi in stimoli incredibili: 

  • la mancanza di certezze ti sbatte in faccia l’essenza della vita – l’impermanenza – e prima impari a maneggiarla, prima sei in grado di sbocciare;
  • la precarietà lavorativa ti impedisce di “sederti” sul tuo cuscinetto di comfort e ti costringe a rimboccarti le maniche, a reinventarti, a sperimentare nuovi aspetti di te, come persona e come professionista; 
  • la difficoltà di instaurare relazioni stabili ti insegna a cogliere il momento e a scendere più velocemente in profondità con le persone. E ti ricorda che sì, è vero, siamo mosche bianche, ma di mosche bianche grazie a Dio ne è pieno il mondo.

Aggiungo in extremis un ultimo pro, trito e ritrito e forse pure un po’ banale, ma senza il quale come esseri umani non saremmo niente: la libertà.

Simona Camporesi: ghostwriter e editor freelance

5. Cosa significa per te essere nomade digitale? Qual è il tuo stile di vita, la filosofia esistenziale che ti accompagna nel tuo nomadismo? 

Per me significa essenzialmente vivere in accordo con la mia natura e ascoltare quella che io chiamo la mia “voce antica”, quella che sa sempre cosa è meglio per me. Significa cogliere i cambiamenti in atto, anche quando non li comprendi, ed essere liberi di agire di conseguenza. Significa, ad esempio, anche accettare ad un certo punto che la vita che hai sempre inseguito non ti soddisfa più e che dopo anni di vagabondaggio hai bisogno di un po’ di stabilità, come è successo a me

Ascoltarsi e accettarsi, essere pronti a rimettere tutto in discussione ogni volta che occorre, essere sempre fedeli a se stessi e imparare a planare leggeri sulla vita: questa, credo, sia la mia filosofia.

6. Pensi che l’essere nomade digitale possa avere un’influenza sulla nostra società?

Sì, certo. Potrei parlarti dello stile di vita essenziale, parco di sprechi, che in genere da nomadi conduciamo, e che può essere un grande insegnamento per questo mondo martoriato. 

Credo però che il vero impatto positivo su quello che ci circonda arrivi attraverso l’esempio di chi ha deciso di prendere in mano la propria vita anziché subirla, e che prova a essere felice nel suo modo bizzarro e sgangherato. Persone allineate con se stesse e i propri desideri: fatico a pensare a un’influenza di più grande impatto sulla società.

7. Qual è il consiglio più prezioso che daresti a chi vuole intraprendere la tua strada e professione?

Leggere, leggere e ancora leggere. E trovare il proprio punto di vista unico sul mondo, senza il quale la scrittura sarebbe solo un groviglio di parole fine a se stesso.

Simona Camporesi: nomade digitale

8. Hai un aneddoto da raccontarci, magari una piccola disavventura che ti è capitata in viaggio e che successivamente si è dimostrata una grande lezione?

Mi vengono in mente i miei incidenti. Quando mi sono ammalata di dengue. Quando sono precipitata per tre metri al buio dentro un buco. Quando mi sono intossicata mangiando cibo di strada. Quando mi sono ritrovata per la prima volta in mezzo a un colpo di Stato. 

Trovarsi in difficoltà quando si è lontani da casa può essere un’esperienza impegnativa ma in realtà è proprio in quei momenti che puoi scoprire quanto l’Universo sappia essere protettivo. 😊

Mi vengono in mente anche tutte le volte che ho fatto qualche pazzia, inseguendo l’istinto e quel pizzico di incoscienza che mi ha sempre caratterizzata: è stato così che ho vissuto le esperienze più belle della mia vita e che ho imparato che il mondo e le persone sono molto migliori di quello che ti dicono. 

Simona Camporesi: nomade digitale

9. Tre città oppure luoghi che un nomade digitale dovrebbe vedere almeno una volta nella vita e perché.

Non ho una una grande esperienza di “luoghi da nomadi digitali”, visto che non sono mai stata una grande frequentatrice di hubcoworking e meetup vari. Posso però dirti i luoghi che mi sono rimasti più nel cuore in questi anni: 

  • il Borneo, per la natura grandiosa;
  • Phnom Penh, per la sua aria decadente e contrastata;
  • Atene, per la cultura millenaria, il cibo e il fermento esistenziale.

Aggiungo in calce il mio vero grande amore, che purtroppo non ho visitato da nomade digitale ma solo da viaggiatrice lenta: l’Australia. Per il senso di libertà, il misticismo del deserto e l’orizzonte più orizzonte che abbia mai visto.

10. Una canzone che hai raccolto (o che ti ha accompagnato) durante un viaggio.

Urca, non ce l’ho mica una canzone! Ma fatico a pensare a una vita degna di questo nome senza Muse, Pink Floyd, De André e Celentano. 😊

11. Se la tua vita fosse un messaggio che dai al mondo, che messaggio sarebbe?

Non prenderti troppo sul serio e non aspettare il momento perfetto, perché come tutte le cose perfette non arriverà mai. Osa, abbi fiducia nella saggezza della vita e non lasciare passare nemmeno un giorno senza sparare almeno un paio di cazzate.

12. Sei felice?

Sì, anche quando penso di non esserlo. 😊

Simona Camporesi: nomade digitale e ghostwriter freelance

👩🏻‍💻 Visita il sito web di Simona: simonacamporesi.it
📩 Oppure puoi scriverle inviando una mail a simona.camporesi@gmail.com

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Redazione
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