Come crearsi una professione da nomade digitale: la guida NON definitiva (ma sincera)

Le mille e una storia di nomadi digitali: abbiamo raccolto qui alcune brevi testimonianze per tentare di capire quali sono i fattori chiave per diventare quello a cui tanti aspirano. Per scoprire che non c'è una sola strada, che è un insieme di vissuti personali, competenze acquisite, predisposizioni individuali e tanto, tanto lavoro.

Storie di cambiamento. Le abbiamo raccontate spesso sul nostro sito. Nella sezione Interviste Nomadi molti membri della community NDI si raccontano mettendo a nudo la loro insofferenza nei confronti dell’inquadramento. Da lì, il passaggio a crearsi un proprio percorso verso l’indipendenza.

Queste figure un po’ più salde, storiche se vogliamo, sono spesso guardate quasi con reverenza dai nuovi membri che si approcciano a uno stile di vita alternativo, e vorrebbero intraprendere lo stesso percorso. “Ma da dove cominciare?”, è la domanda che ricorre più spesso.

Fermo restando che non esiste un percorso unico, ma infinite diramazioni di possibilità che conducono a una moltitudine di universi paralleli, c’è però un caposaldo, un comune denominatore nel rispondere alla fatidica domanda: come mi creo una professione da nomade digitale?

“Parti da quello che sai fare”.

Foto di Giuseppe A. D’Angelo

Semplice? Mica tanto. Non è certo così facile monetizzare tutto quello che una persona sa fare. Chiaro, ci sono categorie che sul mercato saranno sempre richieste (sto guardando voi, programmatori). Ma spesso è già difficile capire quali siano le proprie competenze, figuriamoci quelle spendibili.

Il punto è proprio questo: non è affatto scontato.

Le competenze – o skill, per dirla alla inglese che fa più figo – non sono sempre così evidenti come può sembrare. Alcune sono misurabili: sono le cosiddette hard skill (ad esempio, la capacità di digitare 100 parole al minuto o preparare una carbonara senza fare dell’uovo una frittata). Altre, invece, sono le cosiddette competenze emozionali, le soft skill, che hanno a che vedere con la personalità dell’individuo.

Soft e hard skill vanno a braccetto, ed entrambe possono essere acquisite e migliorate, tenendo sempre presente la predisposizione personale. Alcune saranno predominanti su altre, e sono quelle che ci caratterizzano e valorizzano come individui. Le stesse che possono fare una notevole differenza nel percorso per raggiungere il nostro obiettivo. E molte volte sono quelle che meno ci aspettiamo.

Sul gruppo dei Nomadi Digitali Italiani abbiamo lanciato una domanda: qual è quella competenza, o quelle competenze, che inaspettatamente vi sono servite per rivoluzionare la vostra esistenza? L’idea era quella di creare una piccola raccolta di casi studio, che servisse per incoraggiare coloro che sono all’inizio di questo percorso e aprire la loro mente senza fossilizzarsi solamente sulle competenze di partenza.

Questo articolo, quindi, è in continuo divenire. E se tu che leggi vuoi contribuire con la tua storia commenta questo post: riporteremo la tua esperienza su questa pagina.

Partiamo dall’inglese

Sembrerà strano man nonostante il termine “inaspettatamente” fosse lì in bella mostra, in molti si sono focalizzati su quella che invece è considerata l’hard skill di base per poter avere una professione digitale e interfacciarsi al mondo: la conoscenza della lingua inglese.

Forse perché spesso quello che è ovvio non è mai ovvio? In effetti sono tristemente ancora in molti gli italiani a non avere familiarità con la lingua franca per eccellenza (se non si è in Cina) e non si ribadisce mai troppe volte quanto sia necessaria per allargare il proprio sguardo oltre i ristretti confini lavorativi del proprio paese.

Ma non si tratta solo di comunicare. “L’inglese è stato senza dubbio il catalizzatore che ha iniziato una serie di reazioni e mi ha permesso di imparare altre skill”, ci dice Ivan. “La conoscenza dell’inglese mi ha permesso di formarmi e certificarmi presso scuole di alto livello negli ambiti di mio interesse, e di lavorare in contesti multiculturali” ribadisce Claudia.

Per cui, viva Shakespeare. E se poi conoscete anche altre lingue, ancora meglio. Tipo il cinese mandarino. Ma andiamo oltre.

Foto di Lucy Kaczara

Testa bassa e mente aperta

Lo avreste mai detto che la disciplina può essere considerata una skill? In effetti di solito si pensa alle competenze come a qualcosa di nutriente che ci fa stare bene. Eppure anche la capacità di essere costanti, spesso anche al prezzo di qualche sacrificio, viene considerato come uno dei principali fattori di successo, in qualsiasi campo.

“Senza disciplina, si ritorna comodi comodi a timbrare il cartellino” ci dice senza troppi giri di parole Filippo. “Studia, e niente scuse”, rincara la dose Daniela. “Disciplina, curiosità, infinita voglia di imparare ed esplorare”, aggiunge Claudia. E in effetti la curiosità rende sicuramente molto più leggero lo studio, una parola che riporta immancabilmente all’agitazione di qualche notte prima degli esami.

“Sono una ‘secchiona’ e curiosa, mi piace imparare sempre cose nuove”, dice di sé Heidi. Forse la chiave è un giusto equilibrio tra lo studio per necessità, e lo studio per piacere.

“Stay hungry”, diceva qualcuno.

Esperienze, esperienze, esperienze

Non c’è niente da fare: occorre sporcarsi le mani. Che sia con uno stage, un volontariato, o anche solo un progetto personale: si impara facendo.

C’è chi ha avuto la fortuna di fare esperienze professionali di altissimo livello per partire poi col piede giusto: “Per quanto nell’ultimo periodo abbia detestato l’azienda e non vedessi l’ora di andarmene, tutto ciò che ho imparato per essere dove sono ora mi è stato insegnato da persone stupende, proprio in azienda. Se tornassi indietro lo rifarei, cercando anzi di apprendere ancora di più. È per questo che consiglio a tutti i giovani di non trascurare le fatiche e gli anni spesi incatenati in ufficio, perché non c’è posto migliore per formarsi, e capire che non è un posto in cui stare per la vita, ma un trampolino di lancio verso la libertà” è la filosofia di Michela.

“Dieci anni di esperienza professionale in contabilità e fiscalità mi hanno agevolata moltissimo nel passaggio alla libera professione in autonomia e nella comprensione delle norme fiscali estere. E oggi mi posso permettere di non avere un commercialista, non mi porta guadagni ma risparmio, il che è comunque positivo”, ci racconta Cristina.

Molti nomadi sono in realtà cresciuti prima in azienda e hanno poi digitalizzato le loro competenze d’ufficio. Però si sa, non tutti riescono ad avere questa opportunità, e c’è sempre il paradosso in agguato del “non mi assumono perché non ho esperienza, ma come accumulo esperienza se non mi assumono”?

Per fortuna non esiste solo un modo. “Se dovessi riassumere al massimo direi che l’Erasmus è stata la mia fortuna” dice entusiasta Giulia. Le esperienze sono anche, e soprattutto, quelle di vita. Servono ad affinare proprio le suddette soft skill.

E le hard skill? Come faccio a mettere in pratica e migliorare quello che sto imparando, anche da autodidatta, se nessuno mi assume? Lo sappiamo che non è l’ideale, ma un modo c’è: offrire le proprie prestazioni gratuitamente. Il ritorno non sarà economico ma sicuramente costruisce quel bagaglio di esperienze che ci permette di crescere. Lo sapevi che questo sito si regge su una piccola redazione dove lavorano tutti in maniera volontaria?

Foto di Angelo Bianchi

A people person

Finalmente entriamo in una sezione un po’ più spirituale. A ricordarci che non siamo solo numeri in azienda, ma soprattutto esseri umani che interagiscono tra di loro.

“Nel mio caso la competenza umana che più mi ha salvato il cu… ehm, la pelle è stata un entusiasmo genuino e irrefrenabile. Mi ha permesso di tenere duro, di innamorarmi anche delle curve più indigeste del mio percorso, di imparare a scovare sempre una motivazione, uno spruzzino di bellezza a cui aggrapparmi per andare sempre avanti” ci racconta con emozionante entusiasmo Nina. E continua: “Ho applicato l’empatia alla comunicazione. Non parlo solo di grammatica e capacità di scrittura, ma più in generale di avere una buona capacità di parlare al cuore delle persone, di sentirle, di intuire come prenderle. Mi è servito ovviamente per il copywriting, ma anche per trovare clienti da remoto e costruire relazioni solide, per creare un team coeso e armonioso, per imparare sempre e tanto”.

Saper rapportarsi con le persone è spesso fondamentale, se la propria professione richiede di dover trovare costantemente clienti. Turi racconta: “La mia skill maggiore era quella di attirare clienti. Me ne sono reso conto vedendo quanto faticano i miei colleghi a reperirne di nuovi. Ecco che è diventata adesso la mia professione. Faccio il disegnatore e il coach, sia per disegnatori e grafici che non trovano clienti ma anche per professionisti di altri settori che vogliono più clienti e non sanno dove prenderli”.

“Ho anche scoperto che sono una specie di coach e psicologa mentre insegno lo spagnolo, almeno è quello che mi dicono i miei studenti”. La competenza linguistica e di insegnamento qui rappresentano le hard skill, pazienza ed empatia sono invece le soft skill che Maribel non sapeva di avere ma che la favoriscono nel suo lavoro. Cominciamo a conoscerci meglio.

Riscopriti

“Capisci che quello che ti tiene in vita, nel senso di stimolo ad apprendere cose nuove e a crescere, è la curiosità. La soft skill più importante e fondamentale: senza curiosità non riusciresti mai ad uscire dalla tua routine, a scoprire e cercare cose nuove e nuovi percorsi, a rimetterti in gioco continuamente. E cosa c’è di più curioso se non riscoprire cose di te che pensavi fossero perdute, e che invece hai ritrovato e ne hai fatto una professione? Io ho una laurea in Economia e Finanza con specializzazione in Marketing alla Luiss. Ma non ho mai lavorato in quest’ultimo settore. Poi a un certo punto, quando ho deciso di abbandonare il percorso lavorativo ‘tradizionale’ ed esclusivamente finanziario, ho rispolverato questa mia vecchia specializzazione universitaria, l’ho unita con la mia passione nello scrivere, con la mia conoscenza approfondita dell’inglese, e ne ho fatto la mia nuova professione, decidendo di vivere a 10.000 km dall’Italia. Adesso lavoro felicemente nel digital marketing come copywriter e web writer”. La testimonianza di Nanni.

“Ho fatto il liceo artistico (sempre avuto la vena), continuando con architettura, lavorato in Comune, studi privati… tutto in presenza. Ma il lavoro d’ufficio, me ne sono reso conto in due anni, non faceva per me. Intanto su forum dedicati alla scrittura mi veniva detto che avevo occhio critico, quasi da professionista. E quindi mentre lavoravo all’Università, boom, in una decisione presa da un giorno all’altro… vaffanbagno, faccio l’editor! E ho tirato su l’attività full remote che guido adesso. Perché ho fatto di una passione sempre presente un lavoro, studiando tanto in autonomia prima di buttarmi sul professionale. Come competenza che non sapevo minimamente di avere professionalmente e che mi ha permesso di arrivare sin qui è creare rete, guidare un gruppo e gestirlo come leader”. La storia di Niko.

Foto di Nicola Volani

“Per quanto mi riguarda da ex attrice, monologhista e sceneggiatrice di teatro a social media strategist, avevo la percezione di aver scelto una professione molto lontana dalle mie soft skill. Invece nel tempo sono riuscita a portare la passione per il teatro anche in mezzo ai miei clienti. Come? Scrivendo per loro le sceneggiature per le storie o per i contenuti video da realizzare. Guidandoli per trovare un tono di voce convincente, efficace e ironico. Questo è a tutti gli effetti il mio elemento differenziante ad oggi rispetto ad altri colleghi. Lo sapevo prima di cominciare? No. L’ho scoperto mentre lavoravo? Sì. Ed è stata una bellissima scoperta”. L’emozione di Irene.

“Ho sempre avuto forti doti comunicative, attitudine allo studio, passione per la lettura e una buona dose di empatia. Ho unito i puntini. Ho smesso di usare queste abilità per vendere. Ho preso in mano una penna (metaforicamente parlando, chiaro) e sono diventata copywriter”. La scoperta di Silvia.

“Io nasco professionalmente come ingegnere e ora mi occupo di strategie digital e di LinkedIn, faccio sia formazione che consulenza. Cosa sapevo fare che poteva servire anche ad altri? So insegnare (insegnante di fitness da sempre). So mettere ordine e organizzare, ora organizzo processi e procedure per renderli efficaci. So guardare i dati: funziona? Niente ‘a me sembra’, sono i dati che ci rispondono. Io sono in una fase di trasformazione (l’ennesima) e mi sto di nuovo interrogando”. La praticità di Heidi.

Conclusione?

Non ce n’è una. Come anticipato, è un percorso in continuo divenire, anche per chi pensa di aver raggiunto il traguardo per poi rimettersi immediatamente in discussione. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare, e speriamo che queste storie possano darti la spinta giusta.

Magari un giorno il tuo racconto sarà tra queste righe.

Un ringraziamento a Irene Mascìa per il suo ottimo lavoro di revisione del testo. Contattala al suo profilo LinkedIn.

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